NELL’ANGOSCIA TI INVOCO: SIGNORE SALVAMI!
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(XIX DOMENICA T.O. 2017 – Mt 14,22-33)
Cinquemila uomini sono stati sfamati dal pane offerto dalle mani di un bambino e che il Maestro ha provveduto a moltiplicare … erano solo cinque pani e due pesci (una merenda per un giorno prolungato)… ma quel poco messo nelle mani di Gesù ha sfamato la folla. Ora sono tutti lì, ai suoi piedi.
Nessuno di loro aveva mai visto nulla di simile. E poi che succede? Gesù dà un ordine ai suoi! Il verbo greco dice che “li costrinse a salire sulla barca”. Perché? Dopo la moltiplicazione dei pani Gesù ha un’ondata di grande successo: è diventato un “mito di uomo”. Ma Gesù sa quanto il consenso e il successo possano essere un grave pericolo per lui, per i discepoli e per la nostra vita. Essere importante, essere famoso, è ovvio, ti fa piacere, ti fa sentire qualcuno, ti fa sentire amato, voluto, desiderato.
E se non stai attento “ti dà veramente alla testa”. Il Maestro ordina ai discepoli di entrare in barca e remare… non vuole che si lasciano travolgere dall’inatteso successo! E Lui sale su un monte a pregare. E la folla? Tutti a casa! Il vangelo mostra la contrapposizione fra Gesù e i discepoli. Gesù se ne sta da solo mentre i discepoli sono insieme; Lui è sulla terra ferma, sul solido, sul sicuro, mentre loro sono nell’acqua, nell’instabile, sul mobile, nell’insicurezza.
Lui è calmo, tranquillo e prega, mentre loro si agitano, si affannano e lottano senza combinare niente. Per gli ebrei che non erano un popolo marinaro, le acque erano il simbolo del caos, del pericolo, dell’ignoto, di tutto ciò che fa paura… del disordine, della confusione, del buio all’inizio della creazione. Il potere di Dio, invece, è quello di dominare le acque. Giobbe descrive Dio come “colui che ha camminato (calpestato) la schiena del mare” (Gb 9, 8).
Il grande evento del popolo di Israele è il passaggio del Mar Rosso. Dio domina le acque e divide il Mar Rosso. Le acque sono i problemi, le nostre paure, tutto ciò che non siamo in grado di dominare e di controllare. È quello che accade ai suoi, quando sono in mezzo al lago: arriva la tempesta inattesa e sgradita. Si… perchè la tempesta giunge sempre nel momento della massima gioia, come spesso accade nella vita.
Al discepolo il dolore non è evitato, al discepolo la prova non è condonata. Ci sono momenti, nella nostra vita, in cui abbiamo l’impressione di affondare. Siamo spesso storditi e disorientati. La barca della nostra vita fa acqua, le onde ci terrorizzano: Dio è lontano, assente, non sappiamo che fare. Nella vita ci capiteranno delle situazioni più grandi di noi e allora ci sentiremo come i discepoli. Ci sembrerà di essere nella bufera, e per quanto ci impegneremo a remare non basterà.
Come Pietro avremo paura di non farcela. Magari usciremo dalla nostra barca, faremo qualche passo, ma poi ci verrà il dubbio e affonderemo. Pietro qui gli dice: “Signore, se sei tu, comanda”… quel “se sei Tu” è il dubbio. Pietro affonda perché dubita. Allora ci sono due alternative: il dubbio o la fiducia. Se guardi a te, tu affondi. Tu, invece, non guardare alle tue forze, a quello che sei capace, a ciò che sei: tu inizia, cammina, vai avanti e tieni lo sguardo fisso su di Lui, su Dio.
Davanti ai dubbi della fede, davanti alle tempeste della vita, il discepolo è chiamato, come Elia, ad ascoltare nel suo cuore il silenzioso mormorio di Dio, recuperando quella dimensione assoluta che è il silenzio, la preghiera, l’ascolto meditato del grande e quieto oceano della presenza di Dio… per vedere il volto di Dio che si nasconde nel vento… che pare evanescente come un fantasma. Incontrare Dio nel silenzio di un venticello leggero… trovarlo lì… in quei luoghi ritirati e riluttanti al frastuono mondano è quanto più consigliabile per tutti, specialmente in questi tempi di ferie e di sollievo di un 2020 che non dimenticheremo mai. Questa vacanza sia, allora, anche un tempo per ascoltare il silenzio e gustare la Parola di Gesù… condivisione di una presenza e non solo di miracoli.
E quand’anche ci fossimo distratti, anche là dove ci sentissimo sul punto di affogare, c’è ancora e sempre un’ultima carta da giocare, un ultimo grido: Signore, salvami! E ci sentiremo afferrati da una mano amica… per ripartire.