DIO NON SA CHE FARSENE DI UNA FEDE DI FACCIATA!

fede vera
fede vera

(XXVI domenica t.o. Mt 21,28-32)

Ancora una vigna… e figli (stavolta) chiamati al lavoro.

Domenica scorsa siamo rimasti spiazzati dal comportamento del padrone della vigna, quando ha compiuto un gesto all’apparenza ingiusto… oggi: “un uomo aveva due figli”. E si potrebbe dire: un uomo aveva due cuori.

Perché quei due figli sono il nostro cuore diviso, un cuore che dice sì e che dice no, un cuore che dice e poi si contraddice. Come san Paolo anche noi constatiamo che «io faccio quello che non vorrei e il bene che pure vorrei fare non riesco a farlo».

Avete ascoltato? Il primo figlio risponde subito alla chiamata del padre… ma poi non va alla vigna. La parabola non ci dice che cambia idea o che incontra un amico o che ha un contrattempo. Probabilmente non ha proprio nessuna intenzione di andare, fin dall’inizio!

Il suo è un atteggiamento puramente esteriore, la richiesta del padre non lo scomoda, non lo interpella minimamente. Come la nostra fede, troppo spesso fatta di esteriorità, di facciata, di riti senza conversione. Dio non ama le finte devozioni, non ama la falsità… preferisce il fratello che nega la sua presenza! Quante volte un “no” è la manifestazione di un disagio, una velata domanda di chiarimento, uno sprone al dialogo!

Quante volte ho incontrato delle persone che si dichiaravano atee, che dicevano “no” a Dio… ma, sotto sotto, dialogando, ascoltando, usciva fuori che il “no” era a qualcos’altro. No ad una fede fatta di ipocrisia. No agli uomini di Chiesa che dimenticano la misericordia.

No! Eppure, una volta messi davanti al un volto di Dio diverso, per alcuni il “no” diventa un “sì” inatteso e pieno. Come il fratello della parabola. Vangelo delle nostre  contraddizioni… e riuscissimo noi a svelare cosa nasconde la notte del cuore! Il Salmo 101 a riguardo, ci viene incontro e mette sulle nostre labbra una invocazione stupenda: “Signore, donami un cuore integro, unifica il mio cuore, fa’ che non abbia due cuori, in lotta tra loro, donami un cuore unificato”.

È il contrasto eterno tra persona e personaggio: il primo figlio, quello che dice sì e poi non agisce… cui basta sembrare buono… che cura le apparenze… fa il personaggio. Così sono io quando: dico sì, uso il nome di Dio, e poi non faccio niente per questa vigna di uve aspre che è il mondo; uso e abuso del nome di Dio e poi giro lo sguardo dall’altra parte se vedo un uomo a terra o un’ingiustizia cui oppormi. Il secondo figlio, i cui passi lo portano, alla fine, nella vigna di Dio e degli uomini, a lavorare anche in segreto (poco importa), per un frutto che sia buono, è invece persona. Personaggio è ciascuno di noi quando agisce per la scena, per l’applauso del pubblico… quando le cose da fare non valgono per sé, ma solo se ricevono approvazione presso gli altri… un burattino i cui fili sono tirati dalla vanità, dall’apparire, dall’immagine.

Persona invece è ciascuno di noi quando agisce per convinzione… è se stesso in pubblico e in privato, di fronte o alle spalle, nel dire e nel fare. Tutto il lavoro sui nostri due cuori consiste nel convertirli da personaggio a persona, per possedere, alla fine, tutto il cuore. Chi dei due figli ha compiuto la volontà del padre? A ciascuno la risposta! Io ho capito che l’alternativa ultima è tra una vita inutile perché sterile e una vita fruttuosa di opere buone: morale non del divieto ma della fecondità, del seme che diventa albero, della prostituta che ridiventa donna, del cuore che diventa uno.

La conclusione di Gesù brucia: le prostitute e i pubblicani vi passano davanti. Per gli altri, per i devoti doc… chi sbaglia è segnato a vita. Per Dio non è così e fa diventare testimoni e discepoli anche i peccatori pubblici. Che stupore! Che fatica! Che pugno allo stomaco! Noi, operai della prima ora, figli amati dal padre, lasciamo che la Parola ci metta alle corde, che converta i nostri cuori, perché i nostri “sì” siano sempre autentici.

Anch’io come il figlio della parabola dico: «Non ne ho voglia, Signore. Essere discepolo, lavorare nella vigna che è la Chiesa è faticoso e ci sono momenti in cui senti che non ce la fai e non ha senso quello che fai. Gridare il Vangelo con la vita è impegnativo.  Preferisco galleggiare, preferisco vivere come tutti. Ma, a pensarci bene, forse ancora qualche giorno nella vigna lo posso passare!». Che il Signore ci spinga all’autenticità… ci doni di non fermarci alle parole ma, con semplicità e coraggio, ci conceda di gridare il Vangelo con la nostra vita.

 

 

Don Mario Russo

E' il parroco della Comunità del Sacro Cuore ai Gerolomini a Pozzuoli.

Potrebbero interessarti anche...