“SHALOM: E TOMMASO SI ARRENDE!”

(II domenica di Pasqua – Gv 20,19-31)

Sono trascorsi otto giorni… ma in quella stanza al piano superiore c’è ancora aria di paura. Paura dei Giudei ma anche e soprattutto paura di se stessi, di come lo avevano abbandonato, tradito, rinnegato così in fretta.
Eppure Gesù viene… “Venne Gesù, a porte chiuse”… L’abbandonato ritorna da quelli che lo hanno abbandonato… colui che fu tradito si mette di nuovo nelle mani di chi lo ha tradito… “e sta in mezzo a loro”.
Ecco da dove nasce la fede cristiana, dal fatto che Gesù sta lì… nonostante tutti… nonostante tutto. È così faticoso lasciarsi alle spalle le paure! Queste benedette paure che ci tengono inchiodati alla tomba vuota, al nostro passato fermo, al giardino del Getsemani, alla terra arida e secca. Paure che ci negano la vista dei germogli, paure che ci spingono a concentrarci sulle nostre brutture, che ci svuotano il tempo impoverendoci della vita.
Cristo è risorto, la notte è stata attraversata dalla Vita, piedi trascinanti e stanchi hanno mutato movimento e hanno cominciato a correre, qualcuno ha osato attraversare la soglia della tomba, altri hanno iniziato a credere e a camminare e a correre dopo aver visto dei teli e un sudario. E la tenebra ha ceduto, stremata e perdente, il passo alla luce. Nella notte ancora sono parse le stelle. Nessuno ci avrebbe più creduto.
L’aurora è stata svegliata e bella come non mai ha baciato questo mondo con la sua luce. La sera di quello stesso giorno in cui i piedi di Maria di Magdala e poi di Pietro e dell’altro discepolo, hanno cominciato a correre, si ritrovano i discepoli nel cenacolo. A porte chiuse… per paura dei giudei. Tornata la notte… sparite le stelle. Chissà che facevano li dentro. E perché questa paura? Non capite che Cristo è risorto? Potrei condannare quella chiusura? Potrei facilmente giudicare come non credente quella paura? Non potrei, per il semplice fatto di ritrovarmici appieno in quella scena.
Avevano paura. Erano ancora spaesati. Le porte sprangate. In quel cenacolo ci sono anche i miei chiavistelli, le mie porte blindate, il mio cuore incatenato. Ogni porta un lucchetto, ogni anta un catenaccio.
Ci siamo noi chiesa con le porte sprangate, con paure vecchie e nuove, con l’ennesima tentazione di ritrovarci nel cenacolo per piangere su noi stessi e crogiolarsi nelle nostre sofferenze. E così nella notte sempre e ancora in una notte… quando i nostri occhi si stanno per chiudere, eccolo inaspettato venire: “Venne Gesù, stette in mezzo a loro e disse pace a voi”. Gesù viene e si mette in mezzo.
Bellissimo. Non sopra né sotto, non semplicemente davanti o dietro. In mezzo. In mezzo alle paure, in mezzo alle notti. In mezzo ai cenacoli chiusi, in mezzo alle comunità divise. E pronuncia quelle parole che sono come una chiave che apre ogni porta! Lui viene ed apre… si perché lui le apre solo le porte… mai sentito dire che abbia chiuso la porta a qualcuno! Lui apre solamente, apre i lucchetti, scioglie i nodi, dissipa le paure, spezza le catene, scardina i chiavistelli, sblocca le mandate, manda in tilt le blindature. D’un tratto ci ritroviamo in una stanza dove circola aria fresca, soffia il vento leggero che ci inonda di profumi primaverili.
E Gesù viene ed apre la mia vita… la tua vita per farci uscire sulla soglia delle nostre tombe! Viene e pronuncia una parola… la prima parola del risorto, che da sola basta ad aprire il cuore: “Shalom”! Da solo non ce la farei… ma Lui soffia… soffia e quello Spirito che il Risorto alita dentro diventa il mio respiro… quello Spirito diventa la nostra vita di riscattati! E se non ci sei… se manchi all’appello… torna Gesù e torna per te! “Venne Gesù e si rivolge a Tommaso”.
Nel piccolo gregge cerca proprio colui che dubita: “Metti qua il tuo dito, stendi la tua mano, tocca!”. Ecco Gesù: non si scandalizza di tutti i miei dubbi, non si impressiona per la mia fatica di credere, non pretende la mia fede piena, ma si avvicina a me. A Tommaso basta questo gesto…. e si arrende. Si arrende alle ferite che Gesù non nasconde, anzi esibisce: il foro dei chiodi, toccalo; lo squarcio nel fianco, puoi entrarci con una mano; piaghe che non ci saremmo aspettati… pensavamo che la Risurrezione avrebbe cancellato, rimarginato e chiuso le ferite del Venerdì Santo.
E invece no! Perché la Pasqua non è l’annullamento della Croce, ma ne è la continuazione, il frutto maturo, la conseguenza. Le ferite sono l’alfabeto del suo amore. Il Risorto non porta altro che le ferite del Crocifisso; da esse non sgorga più sangue, ma luce.
Le ferite… quelle ferite sono sacre… c’è Dio nelle ferite, come una goccia d’oro. Tommaso si arrende alla pace, la prima parola che da otto giorni accompagna il Risorto: Pace a voi! E quella sua pace scende ancora sui cuori stanchi. Sapremo andarcene in giro in questa settimana coniugando parole di pace?
Sapremo andare all’altro con questo saluto negli occhi e nel cuore, oltre che sulle labbra? Pace a voi! È Pasqua, coraggio! Lasciamo che la Pace di Cristo spalanchi le nostre porte.

Don Mario Russo

E' il parroco della Comunità del Sacro Cuore ai Gerolomini a Pozzuoli.

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