“DIO ABITA LE NOSTRE PICCOLEZZE! ”

undicesima tempo ordinario
undicesima tempo ordinario

(XI domenica tempo Ordinario; Mc 4,26-34)

Dopo la lunga parentesi che dalla quaresima ci ha portato alla tomba vuota del Signore risorto e alla ricchezza del tempo di Pasqua con la successione delle Solennità della Pentecoste, del Mistero Trinitario e del dono grande dell’Eucarestia, riprendiamo il tempo ordinario, e lo facciamo in compagnia di Marco, il primo evangelista, discepolo di Pietro. È lui, oggi, a darci un sferzata di speranza, di fiducia, in questi tempi oscuri che stiamo vivendo. Anche la Chiesa, si scopre non esente da terremoti e tremolii piccoli e grandi di diversa natura e la sfiducia nasce nella quotidianità di chi, discepolo di Gesù, vede la propria parrocchia faticare, il proprio parroco sfinirsi, le comunità sudare! Stiamo dando un’immagine fragile e corrotta di Chiesa, agli occhi del mondo. E allora? Oggi il vangelo viene e ci dice: Dio abita le nostre debolezze… le nostre piccolezze! Ci sentiamo tutti suoi discepoli… poco o molto ci siamo innamorati di Lui… ma quanta fatica incontriamo! Vogliamo raccontarlo… annunciarlo… dirlo… come sacerdoti, catechisti, ministranti, evangelizzatori, animatori, collaboratori della liturgia o della carità… ma poi ci rendiamo conto di quanto lavoro occorre fare e quanta poca forza abbiamo. A volte ci prende l’ansia da prestazione e corriamo come dei matti, salvo poi svuotarci interiormente. Gesù, oggi, ci rassicura: dobbiamo gettare il seme della Parola in terra, abbondantemente. Non sui marmi delle nostre chiese svuotate, ma sull’asfalto del nostro quartiere… su questo bello e spesso maltrattato Lungomare. Uscire e gettare il seme, senza preoccuparsi. Parlare di Dio, bene, con verità e coerenza… annunciando con la vita prima ancora che con le parole! Gettarlo questo seme… poi ci penserà lui, progressivamente, a crescere. Siamo sempre molto concentrati sul da farsi… Ottimo, bene. Ma subito dopo occorre ricordarci che è Dio che opera! Gesù ci invita alla pazienza, a lasciar perdere l’ansia, la fobia di tenere tutto sotto controllo, il volere programmare e capire tutto nella nostra vita spirituale. La vita ci porta a pensare che le cose dipendono da noi, dalla nostra buona volontà: ci tocca programmare tutto, anche il riposo! E il rischio di applicare questa categoria alle cose dello Spirito è quanto mai presente. Entusiasti, ci siamo avviati sulle strade del Vangelo e vi abbiamo intuito la verità, coinvolti emotivamente in un’esperienza, in una comunità, in un percorso di preghiera. Poi, dopo qualche tempo, ecco sopraggiungere le difficoltà: fatica a pregare, aridità, inquietudine… e sorge il dubbio: starò sbagliando? Cosa posso fare? Nulla… lasciati fare! Se il seme è piantato, stai tranquillo… lascia fare al Signore. La vita interiore richiede tempo e ritmo che non possiamo pretendere di manipolare… e nella fede la priorità è sempre di Dio. La seconda parabola ci ricorda la stupefacente proprietà del seme di senapa, piccolo al punto da rassomigliare alla polvere, e che pure diventa un grande arbusto. La realtà del Regno è così, sia in noi che intorno a noi. In noi: un piccolo gesto, un piccolo impegno, una piccola apertura nei confronti del Signore può spalancare la diga della fede che tutto irriga e feconda. Anche se la nostra vita è colma di distrazioni, il seme può crescere, in me e intorno a me, con piccoli gesti di testimonianza, talora insignificanti, che producono risultati sorprendenti. Occorre decidere di uscire dalla folla per essere discepoli di Gesù. Occorre essere terra che accoglie lui. Occorre credere nella grandezza delle piccole cose… nella speranza del germogliare dei piccoli semi (gesti) che faranno di noi un albero forte e robusto alla cui ombra tutti amano stare. Allora: tutto ciò che riguarda Dio ha due caratteristiche: all’inizio è piccolo e non è per niente appariscente. Ma se tu gli dai spazio, se tu lo lasci crescere, se tu gli dai fiducia, se tu lo fai vivere, come un granello di senape, infesta il mondo!!! Se tu guardi a ciò che sei (un granello di senape) non puoi che dire: “Ma dove vuoi che vada?”. Se tu guardi a chi sei (nessuna appariscenza, dote particolare) non puoi che dire: “Io non ce la faccio. Dovrei essere diverso per poter…”. Ma se tu guardi alla potenza che ti abita (Dio), che non sei tu ma che abita in te, allora tu puoi infestare il mondo di amore, di pace, di luce, di profondità, di vita.

Don Mario Russo

E' il parroco della Comunità del Sacro Cuore ai Gerolomini a Pozzuoli.

Potrebbero interessarti anche...