“LA MIA VITA NELLE SUE MANI…”
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ventitreesima domenica del tempo ordinario 2021
(XXIII dom.t.o. Is 35,4-7a, Gc 2,1-5, Mc 7,31-37)
Al tempo di Gesù, si credeva che la santità fosse inversamente proporzionale alla distanza da Gerusalemme. La Giudea poteva ancora salvarsi, ma la Galilea, la Decapoli, la Samaria, zone di confine abitate da popolazioni miste, erano decisamente perdute. Gesù inizia la sua predicazione proprio da lì, dalle tribù di Zabulon e Neftali.
Perché lui è venuto per i malati, non per i sani…. non fugge gli impuri ne li condanna, come facevano i farisei, ma li salva.
Oggi la liturgia ci parla di poveri, di esclusi, di emarginati… di gente giudicata e condannata… ci parla della malattia e della guarigione. So bene che il tema è delicato. Sarò chiaro: sarebbe meglio non ammalarsi! Raramente ho visto gente trovare Dio e la fede nel dolore.
Più spesso la si perde. Il dolore e la malattia stravolgono una vita e, il più delle volte, annegano la fede. Migliaia di lebbrosi circolavano sulle strade polverose della Palestina ma solo pochi di essi furono sanati, migliaia di ciechi disperati chiedevano l’elemosina ai bordi delle strade ma pochissimi riebbero la vista. E dunque? L’impressione è che Gesù sia convinto che non è la salute a fare la felicità dell’uomo.
Nella mia vita ho visto, commosso, il coraggio di genitori farsi forza per sostenere il figlio disabile… ed ho visto gesti annoiati di chi ha tutto, salute, successo, denaro e si butta in un ago di siringa o annega in una bottiglia o vaga negli effetti di una polvere o pasticca! Sarebbe bello ascoltare qualche miracolato…. Si ha l’impressione, netta, che dopo la guarigione non sia solo avvenuto il miracolo della salute, ma quello della salvezza.
È quasi urtante sentire Gesù che chiede al malato: “cosa vuoi che ti faccia?”. La guarigione… ovvio!!! Eppure, lui lo sa che c’è qualcosa di più grande che può rendere felice il cuore dell’uomo. Quale è la tua malattia? Quale sofferenza hai nascosto in questi anni, per non ferire il tuo sposo o il tuo figlio? Quale peso dell’infanzia… quale tragedia nella tua famiglia hanno spento il tuo sorriso? Quale paura tieni nascosta nella stanza intima del tuo castello interiore? Quale debolezza psicologica frena lo slancio del passo? Gesù ti guarisce. Gesù ti salva. Gesù ti ama. Lui solo può guarirci nel profondo. E poi stamane c’è Giacomo, che viene a ricordare a me e a voi che “Dio ha scelto i poveri!”.
E ci ammonisce sui favoritismi… sugli isolamenti… sulle discriminazioni… Interroghiamoci anche su questo. Pensiamo alle nostre comunità… a coloro che ci sono accanto in questo cammino di fede. Pensiamo a cosa stiamo costruendo insieme e chiediamoci: Ho cura per tutti? Sono attento soprattutto ai poveri? Sono loro la priorità nella mia vita? Sono il mio primo pensiero negli incontri (come dice Giacomo)… o mi dedico a chi è vestito lussuosamente dandogli posti di onore e relegando i poveri a posti di emarginazione… escludendoli e dimenticandoli??? Riprendo volentieri le parole di Giacomo: “non fate forse discriminazioni e non siete giudici dai giudizi perversi? Ascoltate, fratelli miei carissimi: Dio non ha forse scelto i poveri agli occhi del mondo, che sono ricchi nella fede ed eredi del Regno, promesso a quelli che lo amano?”.
E penso ai mille sconfitti che ho incontrato nella mia vita, alle sofferenze, alle tragedie che riempiono il cuore dell’uomo. Penso agli esclusi delle nostre comunità e a quanti si dicono cristiani (giovani e adulti) e poi offendono Cristo proprio là dove è… nel povero che rendono più povero con il disprezzo del loro rifiuto. Ma penso anche a quanti (e non sono tantissimi), che in nome del Nazareno, dedicano tempo e donano amore per alleviare il dolore. Marco ci parla della guarigione di un sordomuto: “E gli condussero un sordomuto”. Un uomo prigioniero del silenzio, una vita chiusa, ignorata, accartocciata su se stessa come la sua lingua… un non-uomo insomma.
Ed allora Gesù stesso si prende cura di lui e lo porta in disparte, per un dialogo fatto esclusivamente di sguardi. Prima considerazione… Gesù lo porta in disparte, lontano dalla folla! Ecco… le cose importanti con Gesù, non avvengono mai nel rumore, nel frastuono, nel chiasso della folla… ma in un luogo in disparte! Io e te soli, dice Gesù all’uomo che non è ancora uomo. Ed inizia a comunicare cose, senza parole, ma con il solo calore delle mani, con una carezza, un abbraccio (capite???)… una carezza sugli orecchi, sulla bocca.
Con quel volto fra le sue mani e poi… guarda in alto e sospira. E l’uomo comincia a guarire… Il mio volto fra le sue mani! Geme il Signore… perché ha preso su di se il dolore di quell’uomo… lo ha fatto suo! Geme Gesù per tante vite che non ce la fanno … per tutti i silenzi ostili della terra, per quei poveri annegati, oltraggiati e offesi nella loro dignità di esseri umani. Geme per le persone che ignoriamo… che dimentichiamo (volutamente o inconsciamente).
Concludo… siamo noi oggi la carezza di Dio che guarisce e sana… che tira fuori dall’isolamento e non esclude… che accoglie e ridona speranza! Non c’è altra strada !