“Porte socchiuse e le luci di casa sempre accese”
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XXIII DOMENICA T.O. – Mt 18, 15-20
Gesù aveva appena finito di raccontare ai suoi la parabola della pecora perduta (18,12-13), ed eccolo parlare della correzione fraterna. È importante questo passo indietro! Il pastore non si ritiene ricco perché possiede 99 pecore. Si considera povero perché gliene manca una.
Non si rassegna a quella perduta… le 99 non lo risarciscono né lo consolano di quella pecora mancante! La parabola termina con una affermazione solenne che è un po’ la chiave di lettura del nostro testo: “… il Padre vostro che è nei cieli non vuole che si perda uno solo di questi piccoli”.
Nella comunità cristiana, oltre al capovolgimento dei criteri umani di grandezza e povertà… abbiamo anche una diversa contabilità: c’è un valore infinito in una singola persona! Anche un solo uomo conta… è importante… è prezioso… e bisogna fare di tutto per non perderlo! Gesù insegna così una procedura graduale fatta di tre fasi successive. Può sembrare una procedura di severità… e invece è una carezza di misericordia. È una traduzione umana della pazienza di Dio… ognuno è responsabile della fede dei fratelli… ma occorre discrezione, tatto, delicatezza, rispetto. Il fratello che sbaglia va ammonito, avvicinato, illuminato a tu per tu… in segreto.
Se fallisce questo primo approccio, si cercano poche persone di fiducia e degne, che possano tentare la dove noi non ci siamo riusciti. Poi si investe la comunità! A questo punto mi fermo un attimo… e mi chiedo. Siamo capaci di tutto questo? Siamo degni per poter fare quanto il Signore ci consiglia?
La correzione fraterna è una cosa seria… molto seria. Chiede a chi la fa di esserne degno… cioè essere nelle condizioni di poter procedere! Il rischio è che ammalati vogliano assistere altri ammalati… ciechi guidare altri ciechi… o peccatori autoproclamarsi santi e dunque giudici! Ho pensato poi… che forse queste parole Gesù le abbia pronunciate per fare chiarezza! Perché a ben vedere, nelle nostre comunità, spesso accade che di fronte alla mancanza di un fratello, se ne parla immediatamente con tutti, si pubblicizza la cosa… la si divulga in ogni angolo (con le dovute amplificazioni e storture!), e poi magari… alla fine anche il poveraccio viene informato di ciò che da tempo tutti dicono alle sue spalle. Il malcapitato è l’unico a non sapere della bufera che si è abbattuta sul suo capo! A questo punto… alla luce delle parole di Gesù… proviamo veramente a fare chiarezza.
Si chiama “correzione fraterna”… perché si è fratelli! Si ammonisce perché si ama! Mai deve mascherare un desiderio di vendetta o un istinto di superiorità (sentirsi migliori!). Deve stare a cuore unicamente il bene del fratello! Allora verità e carità insieme! Don Cojazzi diceva “afferrare la verità con il manico della carità”.
Certe verità scaraventate in faccia in modo brutale, offensivo… come un arma… sono tutto tranne che verità evangelica. Il peccato va condannato… ma il peccatore va capito, perdonato, protetto. Va Amato! Certe persone religiose (diciamo così), sembrano possedere l’arte di “asfissiare”, più che liberare, aiutare, accogliere! E poi… la correzione più efficace non risiede in sermoni da tenere… predicozze da consegnare o citazioni in codice. No! Il metodo più efficace è la verità con carità.
Meglio gli annunci che le denunce. Chi parla troppo lo fa probabilmente perché la sua vita (condotta) non è abbastanza eloquente! Si può insegnare tanto anche col silenzio… insegnare con la vita! La comunità cristiana vive di perdono e recupero… non alza mai ponti levatoi, ma li tiene abbassati sempre… tiene le porte socchiuse e le luci di casa sempre accese. Concludo: una comunità è cristiana quando non si rassegna alla perdita definitiva del fratello, ma si dimostra sempre pronta ad accogliere, perdonare, riconciliare… compiendo tutto quanto è possibile (e impossibile) perché avvenga il ritorno atteso.
E ci dovrebbe essere sempre aria di festa e mai musi lunghi, quando il fratello che ha sbagliato ed è andato lontano, ricompare all’orizzonte. Teniamo pronta la musica e la tavola imbandita. Tutti siamo al sicuro soltanto quando nessuno è fuori!