“ANDARE ALL’ESSENZIALE!”

22 ma tempo oridnario 2021
(XXII dom t.o. Mc 7,1-8.14-15.21-23)
“Signore da chi andremo?”. Con queste parole di Pietro abbiamo lasciato domenica scorsa il cap.6 del vangelo di Giovanni che si era aperto con la moltiplicazione dei pani e dei pesci a cui ha fatto seguito la profonda catechesi del “Maestro”, nella sinagoga di Cafarnao, sul pane di vita.
Come Pietro siamo stati invitati ad andare all’essenziale della nostra fede, ad interrogarci sul modo di rapportarci a Lui… e sulla concreta possibilità di vivere senza Gesù. Lasciato Giovanni riprendiamo il nostro cammino con Marco che oggi punta diritto ad un atteggiamento sempre diffuso nella storia del cristianesimo (e di ogni religione): il legalismo e il devozionismo.
Per capire provo a descrivere un esperienza che sicuramente abbiamo fatto almeno una volta nella vita: “Innamorarsi”. Innamorarsi è bello: passione, entusiasmo, emozione, attrazione… un accumularsi di sentimenti che ci spingono a compiere vere e proprie follie.
Gli anni, però, appesantiscono questo slancio, svuotano questo entusiasmo e i gesti… gli stessi gesti dell’innamorato… rischiano di risuonare falsi. Così la fede: l’incontro con Dio ti ribalta, ti cambia la vita, ti rende nuovo.
Con entusiasmo scopri la preghiera, celebri la fede, riscrivi la tua vita morale intorno ai valori del Vangelo. Ma gli anni mettono alla prova anche la fede più pura e, inesorabilmente, si scivola nel ritualismo, nel formalismo, nel moralismo. Il ritualismo: la celebrazione diventa cerimonia. Il formalismo: compiamo i gesti della fede ma il cuore è altrove. Il moralismo: ci sentiamo migliori degli altri perché rispettiamo le norme che, pensiamo, facciano piacere a Dio.
Gesù, oggi, smonta tutti questi atteggiamenti, prendendosela con i farisei… gli ultras della fede, suoi contemporanei… che lo accusano di non osservare scrupolose norme rituali prima del pranzo…. e Gesù approfitta della provocazione per inquadrare la situazione: andate all’essenziale, ipocriti, è inutile osservare piccole e scrupolose norme dimenticando la misericordia! Per molti, ancora oggi, credere significa fare (o non fare, qualcosa!)… e invece credere è, anzitutto, incontrare una persona, Gesù, che sconvolge la vita e fa cambiare atteggiamento.
I farisei si inerpicano in piccole cose rituali trascurando l’essenziale, filtrano il moscerino e ingoiano il cammello. È l’impressione che ricavo in alcuni colloqui o confessioni… senti sempre dell’assenza periodica alla Messa seguita da qualche parolaccia e dalla dimenticanza della preghiera del mattino e della sera. Fine! Mi chiedo allora: l’indifferenza, il giudizio, le piccole disonestà, gli arrivismi, i dispetti, la disperazione da dove vengono?
Le antipatie, le violenze verbali, la maldicenza, gli inciuci, i pregiudizi, le insofferenze da dove nascono? Dagli altri, mi direte! Il mio triste sospetto è che ancora una volta abbiamo ingabbiato Gesù e la nostra fede in una serie di minime prescrizioni rituali lasciando perdere l’essenziale. Quante poche volte sento persone che si dispiacciono di non amare a sufficienza, che si accusano di ritenere la Messa un dovere e non una festa, di rodersi perché poco disponibili al fratello, di sospirare perché svogliati nella corsa alla generosità! Siamo sempre (me compreso si intende!!!) pronti a trovare giustificazioni e attenuanti a tutto ciò che compiamo… troppo preoccupati della nostra devota immagine scalfita invece di gioire della gratuità del perdono. Penso allora che se la nostra fede e così tiepida e insipida, non per questo Dio è chiamato ad adeguarsi al nostro bassissimo profilo. Non fuori, ma dentro dobbiamo cambiare. Non ponendo gesti che somigliano a conversione, ma suscitando battiti nuovi ad un cuore aperto al dono e alla misericordia!
Solo un cuore toccato da Dio, diventa un cuore convertito. Allora, e solo allora, i gesti prendono significato. Allora, e solo allora potremo vivere la riconciliazione come festa… il perdono come regalo. Ho davvero paura di una fede che si riduce a moralismo.
E credo che il grosso rischio della nostra fede, oggi, sia proprio questo: apparenza… ritualismo. La felicità che il Signore dona dura nel tempo… Il Signore non ha bisogno di belle mascherine, ma di figli, non di giusti ma di peccatori riconciliati… non dimentichiamolo mai!