BEATA TE CHE HAI CREDUTO
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(IV dom Avvento – Lc 1, 39-45)
Ho ancora impresso nella mente e nel cuore il ricordo di questi luoghi… le montagne… la casa di Zaccaria, dove con un gruppo di giovani della diocesi, alcuni anni fa, sono stato ospite per una settimana, della comunità cristiana di lingua ebraica.
È su questi luoghi che Luca fotografa la storia di un incontro. È l’incontro tra due donne che hanno in comune, oltre la parentela, strane gravidanze; l’una e l’altra hanno mariti scettici… figli “particolari”… e sono madri di una novità che le supera. Due donne che si capiscono perché vivono cose simili. “In quei giorni Maria si mise in viaggio verso la montagna e raggiunse in fretta una città di Giuda” (Lc 1,39).
Quindi dal nord della Galilea Maria si mette in viaggio, in fretta, verso il sud della Giudea. Viaggio incredibile… soprattutto se si considera il fatto che per scendere dalla Galilea alla Giudea si allungava di tre o quattro giorni dato che si doveva evitare la Samaria, proibita per la secolare inimicizia tra Giudei e Samaritani. Il vangelo dice che Maria ha fretta ma non dice il perché. Giunta in quel luogo, sentite cosa dice il vangelo: “Entrata nella casa di Zaccaria, salutò Elisabetta” (Lc 1,40).
“Una viene a trovarmi e non mi saluta? E non saluta il padrone di casa?”, avrà pensato Zaccaria”. Cos’era successo? Zaccaria era rimasto muto (e sordo!) perché era stato scettico all’annuncio di Dio. Sempre Luca ci racconta di quel giorno in cui Zaccaria si trovava nel tempio per bruciare l’incenso (era il turno della classe sacerdotale di Abìa di cui faceva parte)… Il sacerdote Zaccaria va ad offrire l’incenso che ricorda l’olocausto… è il sacrificio perfetto che va a raggiungere l’olfatto di Dio… e Dio diventa misericordioso.
Per gli ebrei il profumo dell’incenso fa allungare… distendere il naso di Dio… che diviene così misericordioso! L’incenso arriva a Dio e immediatamente ecco materializzarsi l’Angelo. “Avrai un figlio”… Dio nel tempio risponde alla preghiera di Zaccaria e sua moglie… un figlio che si chiamerà Giovanni (dono di Dio… misericordia di Dio)…. Ma lo sappiamo come andarono le cose… Zaccaria non crede! Zaccaria non ha il coraggio di credere… mentre lo Spirito chiede coraggio.
Non crede… e in questo modo tappa le ali allo Spirito Santo… restando muto. Il suo sacerdozio non ha più niente da dire! Chi riapre? Chi risolve questa faccenda? Elisabetta nel giorno della circoncisione. Il nome del bambino doveva essere Zaccaria (nome del padre) ma Elisabetta interviene e dice: “No, si chiamerà Giovanni” (Lc 1, 60). È lei che pronuncia quel nome che l’angelo aveva dato al bambino nel tempio… e così Elisabetta riapre la porta!
E torniamo al vangelo di oggi… Elisabetta e Maria… donne coraggiose perché avevano creduto e così accolto lo Spirito Santo! E quello stesso Spirito ha portato con se, nel loro cuore, un canto di gioia ed esultanza. Zaccaria non può cantare… non può capire; Zaccaria non può vibrare; Zaccaria non sa entusiasmarsi, non sa stupirsi, non sa meravigliarsi, non sa piangere, non sa rallegrarsi, non ha quel cuore che queste donne hanno. Ricordate cosa avvenne quando un giorno, prima della sua passione, mentre Gesù si trovava a Betania a casa di Simone il lebbroso? Una donna (Mc 14,3-9) venne e ruppe un vaso di alabastro preziosissimo (trecento denari che equivale ad un anno di lavoro).
E chi vedeva diceva: “Ma che spreco! Perché tutto questo olio profumato! Non si poteva benissimo vendere quest’olio per trecento denari e darli ai poveri!?”. Ma Gesù: “Lasciatela fare! In tutto il mondo sarà ricordato il suo gesto”. Sono i gesti dell’amore, di chi ha il cuore vivo, di chi ha il cuore grande, che saranno ricordati. Il vangelo odierno continua: “Appena Elisabetta ebbe udito il saluto di Maria, il bambino le sussultò in grembo. Elisabetta fu piena di Spirito Santo”. Basta il saluto di Maria, che è piena di Spirito Santo, e questo stesso Spirito si trasmette ad Elisabetta. Maria passa ad Elisabetta ciò che vive, ciò che possiede, ciò che ha. Maria è piena di Spirito e passa Spirito. Si passa quello che si ha, quello che si è. Una delle esperienze “di Dio” è quando le anime si incontrano: il Dio-in-me incontra il Dio-in-te.
Mi fa pensare molto questa sottolineatura di Luca: “Elisabetta fu piena di Spirito Santo”… penso che Luca qui stia dicendo che mentre suo marito, che era sacerdote, cioè religioso doc, ha visto l’angelo ma nessuno Spirito ha riempito la sua vita… per Elisabetta è esattamente il contrario. Lo Spirito non lo possiede il sacerdote (Zaccaria) ma chi accoglie Dio (Elisabetta). Zaccaria, che doveva essere profeta, è muto; Maria, invece, che non era nessuno è piena di Spirito. Maria è beata, “graziata” perché ha creduto alla parola del Signore; Zaccaria è “disgraziato” (senza grazia) perché non ha creduto.
E cosi quel “Beata colei che ha creduto” diventa la prima beatitudine del vangelo esaltando non tanto la maternità di Maria ma la sua fede… “Beata te che hai creduto!”… è il titolo di un straordinario libro di Carlo Carretto, che lessi nel tempo della mia adolescenza e che mi permise di scoprire e gustare tutta la grandezza di Maria facendomela amare! E’ nella fede la grandezza di Maria; fede nella Parola che Dio le ha rivolto, fede nel credere che “a Dio tutto è possibile”, fede nella certezza delle promesse di Dio, nonostante tutto.
S. Agostino dice di Maria: “La fede nel cuore, Cristo nel grembo” e aggiunge “vale più per Maria essere stata discepola della Parola, anziché Madre di Cristo”. Vorrei che ci fermassimo e ci facessimo alcune domande. Cosa dice a me questo vangelo?
Questo vangelo a me dice: ciò che tu credi passa e trasforma l’altro (o ti trasforma)… Di fronte all’amore di un Dio che si fa uomo per noi… di fronte alla disponibilità di Maria (“eccomi”), dobbiamo imparare la generosità della risposta, la gioia del servizio… lo stupore del dono.