C’È UN POVERO SULL’USCIO DI CASA NOSTRA…

gesù e i poveri
gesù e i poveri

(XXVI dom.t.o. Lc 16,19-31)

Di nuovo Gesù ci ammonisce sui beni materiali, affermando che se essi diventano il centro della mia esistenza, corro il rischio di non accorgermi della realtà che ruota intorno a me. Ancora una volta il ricco, di cui parla il vangelo non è condannato perché ricco, ma perché indifferente, chiuso in se stesso, ha creato nella sua esistenza “un abisso”.

Nel momento in cui banchetti, feste, vestiti di lino e di porpora diventano l’unico orizzonte del vivere di quell’uomo, allora lui diventa accecato, non ha più occhi, non vede più addirittura quel povero che sta sull’uscio di casa sua.

Questa è la prima cosa che ci dice il vangelo: “guarda che c’è qualcosa che ti può accecare… guarda che c’è qualcosa che può impedirti finanche di vedere il povero che sta proprio sull’uscio di casa tua!”. Magari quel uomo ricco, se l’è guadagnata la sua fortuna… chissà, forse è nato dal nulla… è stato un grande lavoratore ma ad un certo punto l’ha tanto desiderato quel benessere che alla fine si è lasciato da lui divorare! E così è diventato cieco, ha perso valori come la solidarietà, la condivisione, l’attenzione all’altro e alle sue povertà!

Magari, paradossalmente, durante i suoi banchetti, con i suoi pari in ricchezza, parla di povertà, di precarietà del mondo, di crisi economica, di governo ladro, della casta che spende, che occorrono nuove politiche sociali… parlare… parlare e attendere sempre che le soluzioni vengono da altri o dall’alto… magari dalla chiesa che è ricca, e dimenticando che la chiesa siamo tutti noi, popolo di battezzati. Siamo noi la chiesa ricca che non vede… non vede il mio dirimpettaio che sta collassando di debiti e si rivolge all’usuraio di turno o a quel ragazzo o ragazza che desidera studiare e arranca perché la famiglia non ha le possibilità necessarie per aiutarlo e allora lavora al pub di notte e di giorno scuola o università… e noi diciamo che nessuno li aiuta!!!

Ed io che son battezzato e dunque faccio chiesa? Io che son così bravo a criticare istituzioni e Chiesa (come se fosse altro da me!), che faccio, dove mi sto crogiolando con il mio falso moralismo? C’è per noi… per tutti noi un Lazzaro sull’uscio di casa… l’ho mai visto?

Me ne sono accorto di lui? Se non lo vediamo, è perchè probabilmente sono accecato da qualcosa! Può essere il mio ruolo, può essere la mia ricchezza, il mio essere politico, professore, medico o semplicemente giovane spensierato che ha alle spalle mamma e papà che provvedono a tutto e chiudo gli occhi di fronte ad un amico che quel papà e quella mamma forse non ce l’ha nemmeno più! Il vangelo dice questo: Attento… la ricchezza può rubarti anche l’identità!

Di quel ricco infatti non sappiamo nemmeno il nome, mente del povero sappiamo che il suo nome era Lazzaro! La ricchezza può rubarti l’identità e tu rischi di non essere più tu ma sei il tuo ruolo o sei quello che hai! Chiediamo al Signore la grazia di non cadere in questo tranello e di ricentrare la nostra vita sull’essenziale! Tutti siamo chiamati a vedere per agire… e non essere spettatori o creatori solo di teorie e strategie.

La fede senza l’azione non basta… “fede e grembiule” diceva don Tonino Bello! Agire secondo le nostre possibilità e disponibilità… ma agire! Vivere la solidarietà e la condivisione! C’era una volta un ricco… inizia così la parabola del ricco senza nome e del povero Lazzaro. Inizia con il tono di una favola e si conclude col sapore dell’amaro! La storia di uno che si gode la vita… un superficiale spensierato, al quale ben presto la vita stessa presenta il suo conto.

Il cuore della parabola non sta però in una sorta di capovolgimento nell’aldilà: chi patisce in terra godrà nel cielo e chi gode in questa vita soffrirà nell’altra. Il messaggio è racchiuso in una parola posta sulla bocca di Abramo, la parola “abisso”, un grande abisso è stabilito tra noi e voi. Questo baratro separava i due personaggi già in terra: uno affamato e l’altro sazio, uno in salute e l’altro coperto di piaghe, uno che vive in strada l’altro al sicuro in una bella casa.

Lo sbaglio della sua vita è di non essersi neppure accorto dell’esistenza di Lazzaro. Non lo vede, non gli parla, non lo tocca: Lazzaro non esiste, non c’è, non lo riguarda. Tocchiamo qui il cuore del Vangelo, il cui battito arriva fino al giorno del giudizio finale: “Avevo fame, avevo freddo, ero solo, abbandonato, l’ultimo, e tu hai spezzato il pane, hai asciugato una lacrima, mi hai regalato un sorso di vita”.

Il male è l’indifferenza… lasciare intatto l’abisso fra le persone. Invece “il primo miracolo è accorgersi che l’altro, il povero esiste” (S. Weil). Il cammino della fede inizia dalle piaghe del povero, carne di Cristo, corpo di Dio. “Se stai pregando e un povero ha bisogno di te, lascia la preghiera e vai da lui. Il Dio che trovi è più sicuro del Dio che lasci” (San Vincenzo de Paoli). La parola che noi ascoltiamo non può fermarsi… chiede con forza di oltrepassare la soglia delle nostre chiese… delle nostre case. Sull’uscio di casa nostra c’è sempre un povero… attenzione a non passarci sopra!

 

Don Mario Russo

E' il parroco della Comunità del Sacro Cuore ai Gerolomini a Pozzuoli.

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