“Chi non è tentato alzi la mano…”
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I DOMENICA DI QUARESIMA – Mt 4,1-11
Siamo alla prima tappa di questo cammino quaresimale scandito in cinque momenti, cinque tappe, cinque fulcri, cinque momenti di forza. Siamo al primo: stranamente, questo primo momento di forza racconta la nostra estrema debolezza.
Può, da una debolezza, nascere una forza? Ogni anno, la prima domenica di Quaresima, ci presenta la tentazione. Noi siamo tentati continuamente, a più riprese, su vari temi, e questa che a noi, immediatamente, sembra essere un’esperienza di debolezza, in realtà – ci dice Gesù, tra le righe, nel Vangelo – può trasformarsi in un’esperienza di forza. Anche Gesù fu tentato: questa semplice espressione dovrebbe confortarci nei momenti della nostra tentazione. Chi non è tentato, alzi la mano. E qui nessuno di voi può alzarla, a meno che non pensiate d’essere immuni e, a quel punto, avrei motivo di dubitare della vostra saggezza o della vostra sanità mentale.
Neanche io alzo la mano: siamo tutti tentati. Purtroppo, nel nostro vocabolario, tentazione e peccato coincidono, ma non è così: altro è la tentazione, altro è acconsentire alla tentazione. Tentazione significa “prova”: un esame è una prova, una tentazione, ma ognuno di noi che vada a superare un esame, spera di tornare vittorioso, non certamente perdente. Nessuno va ad un esame, qualsiasi esso sia, piccolo o grande, importante o secondario, con l’idea d’essere bocciato, ma spera d’essere promosso. E che cosa rende un esame esperienza di gioia? Il rispondere adeguatamente alle domande. In fondo, un esame è questo, cioè rispondere a delle domande: delle domande verbali, nel caso degli esami della scuola (Eduardo De Filippo ci ricordava che gli esami non finiscono mai), ma poi ci sono altri esami in cui non ci sono domande verbali, ma domande esistenziali, molto più difficili da superare, e sono gli esami della vita, dove non c’è uno che interroga e un altro che è interrogato, dove non mi viene messo 30 e lode su uno statino o su un libretto, dove forse sono solo, eppure debbo superare una prova.
Altra è la tentazione, altro è il peccato; altra è la proposta, altro è l’acconsentire. È questo lo spartiacque che dobbiamo scoprire stamattina (lo spartiacque tra tentazione e peccato), al punto che i santi sono stati scolpiti con lo scalpello delle tentazioni. Quindi, all’atto in cui compare il numero sul telefonino – tanto per intenderci – ecco, di nuovo, è lei (la tentazione), è lui (satana). Che facciamo? Rispondiamo o lasciamo cadere la telefonata? Attenti, è sempre utile rispondere. Bisogna rispondere. Come risponde Gesù? Anche Gesù riceve sul telefonino la chiamata di satana. Gesù gli rispose: “Sta scritto: non di solo pane vivrà l’uomo”. Risponde, dunque.
È utile rispondere? Alla seconda tentazione risponde: “Sta scritto: il Signore Dio tuo adorerai, a lui solo renderai culto”. E poi alla terza tentazione (sono tre tentazioni-tipo): “È stato detto (è lo stesso che dire sta scritto): non tenterai il Signore Dio tuo” (non metterai alla prova il tuo Dio). Quindi, Gesù non risponde con le sue parole. Se ci fate caso, nel racconto di Genesi del primo peccato, Eva risponde con le sue parole, cerca di dire: “Ma il Signore ha detto…”, cioè dice cose che il Signore non ha detto, esagerando un divieto. Eva risponde con le sue parole e rimane presa nei lacci del tentatore. Gesù risponde con la Parola di Dio. Allora, in questa alfabetizzazione della tentazione dobbiamo dire: 1) la tentazione fa parte della nostra vita; 2) la tentazione è importante per crescere: se uno non è tentato, non cresce nella fede, non cresce nell’umanità; 3) la tentazione viene dal maligno che cerca di sottrarti quelle ricchezze che Dio ha posto nel tuo cuore all’atto del Battesimo, di rubarti la corona regale;
4) alla tentazione bisogna sempre rispondere. Attenti: non “corrispondere” (è un’altra cosa), ma rispondere, perché il galateo chiede che se uno ti fa una domanda, tu debba rispondere. Bisogna rispondere anche a satana. 5) Alla tentazione non bisogna rispondere con le proprie parole, ma con la Parola di Dio. Allora, l’immagine plastica che mi viene sempre, perché è di comprensione immediata è che la tentazione è una scala. A cosa serve una scala? Voi dite: a salire.
Non è vero: serve anche a scendere. Una scala può essere utilizzata per raggiungere un punto più alto e più basso (se scavate una fossa, saltando, potreste rompervi qualche osso e, invece, mettete la scala). Allora, la tentazione è una scala che ti viene offerta gratis (le tentazioni non si pagano), ti viene offerta da un’agenzia (satana, il male) che vuole che tu scenda di grado, ti degradi (scendere di grado è essere degradati). Questa stessa scala, in offerta speciale, tu la prendi e la utilizzi per salire di grado. Non c’è tentazione, anche la più grande, anche la più insistente, anche la più insidiosa, che non possa diventare un gradino di santità, come può diventare un gradino di perversione: nel primo caso, a salire; nel secondo caso, a scendere. Perché la Chiesa ci fa leggere questo Vangelo nel Tempo di Quaresima e alla “prima stazione”? Per dirci: hai iniziato questa Quaresima?
Hai iniziato a fare una penitenza? Dobbiamo fare qualche fioretto durante la Quaresima. Dopo quattro giorni siamo già in crisi d’astinenza, qualsiasi sia stato il fioretto, la penitenza che state facendo (per quelli che non hanno ancora cominciato, sarebbe il caso di cominciare da oggi). Questa prova bisogna superarla, perché la Quaresima, tempo di grazia, è anche un tempo di tentazioni. Se voi non faceste un proposito santo, non sareste tentati; se non vi ponete un obiettivo alto, nessuno verrà a scomodarvi. Quindi, imparate anche che più siamo tentati, più significa che stiamo volgendo la prua verso il bene. Quindi, mi preoccuperei se qualcuno di voi conclude: “Sai che c’è di nuovo? A me sembra di non sentire nessuna tentazione”. Perché si dovrebbe preoccupare uno che dica “Io non sento nessuna tentazione”? Perché significa che ha la prua puntata verso il male e, quindi, non c’è bisogno che satana lo tenti, perché già ha preso la strada giusta. Se non vi succede niente, se tutto va a gonfie vele, io mi preoccuperei, perché forse sto prendendo una via di male e, quindi, satana mi vede incamminato sulla strada giusta, secondo lui, e dice: “Non è il caso che lo tocchi, non è il caso che gli vada dietro”. Ma più ci si propone il bene, più si è in alto, più si è tentati. Queste sono le strategie del demonio che dobbiamo conoscere, che dobbiamo contrastare, che dobbiamo utilizzare per il bene. Per cui, anche se vi sembrerà un po’ blasfemo, “buona Quaresima” significa “buona tentazione”.
Lo diciamo sorridendo, anche se poi, quando è il momento della prova, nessuno sorride, neanche il vostro parroco. “Buona tentazione!”, cioè cerca di uscire fuori da questo agone con la bandiera della vittoria e non demolito in quelle tue convinzioni che costituiscono il patrimonio più prezioso che tu abbia. Quindi, nessuno di noi più si scandalizzi per le tentazioni: è normale, nessun problema. Andiamo avanti rafforzandoci in esse, attraverso di esse, come Gesù.