ERANO CIRCA LE QUATTRO DEL POMERIGGIO

(II dom t.o. – Gv 1,35-42)

Parto dall’esperienza di Samuele ascoltata nella I lettura (1Sam 3,3-10.19).

Come non rimanere colpiti dalla sensibilità di questo giovane, attento a questa voce misteriosa che lo chiama nel tempio? Questo brano ha in se una ricchezza di significati straordinari. Innanzitutto l’ascolto che è legato alla vita intera;  l’ascolto non è questione di alcuni momenti, o esperienze, o circostanze: l’ascolto è un abito, è uno stile, è un non lasciare cadere nel vuoto… è nutrito dalla fiducia, anche se, come precisa il libro di Samuele, in un versetto non contenuto nel testo ascoltato “la parola di Dio è rara in quei giorni” e ancora prima “ la lampada non è ancora spenta”, ovvero anche se è notte, buio, tenebra, incertezza, paura… restare e avere fiducia!

Davvero bella questa prima lettura, perché ci mette in guardia anche dal sottovalutare le intuizioni dei giovani; il profeta Eli infatti, lì per lì fa come tanti di noi fanno con i più giovani: non dà nessun credito a Samuele, non lo ascolta, lo rimanda indietro: “torna a dormire!” gli dice. Finalmente poi capisce che anche i più piccoli, i più giovani possono essere destinatari di una chiamata, depositari di intuizioni meravigliose, capaci di non lasciar cadere una sola delle parole che Dio rivolge loro perché sono stati capaci, un giorno, in quella determinata occasione di ascoltare una voce che li chiamava.

E ancora questa I lettura ci mette in guardia su di un pericolo concreto: possiamo essere delle belle persone e frequentare il tempio o abitarci (i preti!), senza mai avere ascoltato e conosciuto il Signore.

E ancora: Eli non trattiene per se! Qualcosa di simile avviene nell’incontro fra Gesù e alcuni dei suoi futuri discepoli. Giovanni non trattiene neppure per un istante l’interesse dei discepoli sulla propria persona, ma lo dirotta immediatamente sul personaggio principale che ha fatto finalmente la sua apparizione. E questo gesto costa a Giovanni la perdita di due dei suoi discepoli, i quali, dopo aver udito le parole del maestro, lo piantano in asso e si mettono a seguire il nuovo venuto.

Costoro erano sbarcati da lontano (sono Galilei, come gli altri loro amici) e avevano raggiunto Giovanni per imparare qualcosa alla sua scuola austera, per fare un ritiro penitenziale. E alla scuola di Giovanni finiscono per imbattersi in Gesù (ah, se tutti coloro che arrivano nelle comunità religiose, nei vari “gruppi”, nelle diverse case per convegni, giornate di studio, incontri, discussioni… avessero la gradita sorpresa di incontrare il Cristo!). Gesù, stranamente, recluta i primi seguaci nella cerchia di Giovanni. Glieli porta via, addirittura. È venuto a mietere nel suo campo! Ma il precursore, lungi dall’indispettirsi, è il primo a rallegrarsene.

Anzi, è lui il promotore dell’abbandono dei discepoli ai quali indica con chiarezza qual e l’unico maestro. “I due discepoli, sentendolo parlare cosi, seguirono Gesù…”. Giusto così: “Lui deve crescere e io invece diminuire”(Gv3,30). Dei due discepoli che seguono Gesù, viene menzionato soltanto Andrea. Non è difficile indovinare che l’altro è il discepolo “che Gesù amava”. Ma sotto il suo anonimato potrebbe anche esserci ciascuno di noi, chiamato a scoprire il nome che l’amore gli riserva per l’eternità.  Ancora… questo Vangelo ci ricorda con forza che se abbiamo incontrato Cristo nella vita, non superficialmente, ma con forza e verità; se egli ha segnato la nostra vita… c’è sempre un qualche battista che ce lo ha indicato. È sempre qualcuno che ci indica il Signore, è sempre qualcuno che ce ne ha parlato, ce lo ha indicato.

Poi sta a noi seguire, scegliere, divenire discepoli. È questa la fede… si comunica così: da bocca a orecchio, da vita a vita, da cuore a cuore, da passione a passione. Se qualcuno conoscerà Gesù, sarà attraverso la nostra esperienza, la nostra luce interiore. L’ho già detto tante volte… siamo tutti pecore e pastori… ma il vero pastore conduce al Pastore. Giovanni Battista rifiuta di essere al centro dell’attenzione, accetta volentieri di sparire per nascondersi dietro quella Parola cui egli ha prestato la voce. E, così, fra i moltissimi lungo la storia, Giovanni e Andrea seguono l’agnello.

Una volta raggiunto Gesù, questi si voltò e disse loro: che cosa cercate? Sono le sue prime paro­le nel Vangelo di Giovanni. Le pri­me parole del Risorto saranno del tutto simili: Donna, chi cerchi? Cosa cerchiamo quando ci mettiamo alla ricerca di Gesù? Chi cerchiamo veramente? Cosa cercate? Chi cerchi? La prima cosa che Gesù chiede non è di aderire ad una dottrina, di osservare i comandamenti o di pregare, ma di rientrare in se stessi, di conoscere il desiderio profondo: che cosa desideri di più dalla vita? Oggi Gesù rivolge quella do­manda a noi, ricchi di cose, per insegnarci desideri più alti delle cose, e a non accontentarci di so­lo pane, di solo benessere.

Tutto intorno a noi grida: accontentati! Invece il Vangelo ripete la beatitudine dimenticata: Beati i cercatori di Dio! Cosa cerchiamo? È una domanda che dobbiamo farci!!! La risposta dei discepoli rivela tutta l’insicurezza della loro scelta: “Maestro, dove abiti?”. Non cogliete una richiesta di certezze in questa domanda? Un dire: “Prima di seguirti, facci vedere dove ci conduci?”. Quanto bisogno di certezze abbiamo prima di poterci fidare! Quanti “se” e “ma” mettiamo prima di dire il nostro “sì” definitivo al Signore! E lui, allora come oggi, ci risponde: “Venite a vedere”. La fede non è “fare”, “sapere”, “conoscere” ma “andare”.

Ed essi andarono, videro e restarono con lui. L’annotazione finale di Giovanni è quanto mai eloquente: “erano circa le quattro del pomeriggio”. Sono passati forse sessant’anni da quell’evento e il discepolo ricorda l’ora precisa, tutto è cambiato, ormai, per Giovanni e Andrea: quel giorno è stato come l’inizio di una nuova Creazione. Per chi incontra il Signore i giorni non sono più uguali, ma diventano gravidi di una luce nuova.

Ciò che ci attende nell’ordinarietà del nostro tempo è l’incontro con il Signore, l’esperienza della sequela. Se sapremo ogni giorno spalancare gli occhi e riconoscere Gesù che passa, potremo cambiare la nostra esperienza di vita, senza lasciar cadere neppure una delle parole che il Signore ci vorrà ancora donare.

Maestro, dove dimori?

È la richie­sta di una casa… di un luogo do­ve sentirsi tranquilli, al sicuro. La risposta di Gesù ad ogni disce­polo è sempre la stessa: vieni e vedrai. Ve­drai che il tuo cuore è a casa so­lo accanto al mio.

 

 

Don Mario Russo

E' il parroco della Comunità del Sacro Cuore ai Gerolomini a Pozzuoli.

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