FARÒ LA PASQUA DA TE!
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(Domenica delle Palme 2020)
Eccoci alle soglie della Grande Settimana.
Dopo essere passati dal deserto delle tentazioni, saliti al monte della Trasfigurazione, seduti sull’orlo dell’antico pozzo di Sicar, aver gustato la luce di Gesù in compagnia del cieco nato e il dono della vita nuova con Lazzaro e le sue sorelle, ora siamo arrivati alle porte della santa settimana. Siamo alle porte di Gerusalemme… quasi alla fine di quella storia. Oggi sembra tutto diverso. La gente lo accoglie come un re, stende mantelli e agita ulivi.
Tutti portano cartelli con un’unica scritta: Osanna! Salvaci! Ma quei cartelli che agitano, come folla osannante, sulle loro teste ha una doppia scritta. Certo, ora gridano e alzano al cielo solo l’osanna… ma cambierà. Cambierà come cambia il vento a Gerusalemme.
E quelle scritte cederanno spazio ad altre. Quei cartelli gireranno su se stessi mostrando altre lettere. Entra Gesù in Gerusalemme e lo fa montando una cavalcatura umile… un asino.
Per il suo trionfo prende l’animale della semplice gente comune della campagna, e per di più si tratta di un asino che non gli appartiene, ma che Egli chiede in prestito per questa occasione. Non arriva in una sfarzosa carrozza regale, non a cavallo come i Re del mondo, ma su un asino preso in prestito!
Ecco… Oggi quell’asino, che porta Gesù nel mondo, che lo rivela, che parla di lui, siamo noi… e questa è una bella immagine perché ci ricorda che Gesù non vuole essere portato da cavalcature imponenti, ma piccole e umili. Tra le parole del vangelo di Matteo che leggiamo in questa domenica nella lunga pagina della passione, mi soffermo su due piccoli particolari: “Farò la Pasqua da te”, manda a dire Gesù.
E lo manda a dire proprio a te, a me in questo tempo di pandemia mondiale. Non vivremo una Pasqua come le altre… ma una Pasqua a casa… e Gesù viene e dice “io ci sarò, “vengo da te”. Ancora Dio mi interpella.
Come prepararmi? Come rispondere? Il secondo particolare lo troviamo più avanti quando, tradito da Giuda, il Maestro gli si rivolge a lui chiamandolo: amico! Per l’ennesima volta un uomo lo tradisce… e lui risponde: amico! Saprò convertirmi a questa parola? Saprò fare della mia vita una parabola di amicizia, di comunione, di condivisione e di pace? Domenica scorsa abbiamo visto Lazzaro, uomo mortale e già morto da quattro giorni, che riprende vita a quel solo grido: “Lazzaro vieni fuori” pronunciato da Gesù.
Oggi vediamo il Figlio di Dio, vivente e immortale, che muore a quell’altro grido pronunciato dalla folla: “Crocifiggilo e rilasciaci Barabba”! Il Figlio di Dio che passava guarendo, sanando e beneficando tutti, deve essere messo a morte… e il malfattore viene rilasciato! Tremendo… tenebre e morte la fanno da padrona! “Con oppressione e ingiusta sentenza fu tolto di mezzo, chi si affligge per la sua sorte?”… aveva detto Isaia! Fu tolto di mezzo.
Ma è proprio allora che è diventato centro del destino e del cuore di ogni essere umano. Fu messo a tacere. Ma non ha mai parlato così forte come quando si lasciò inchiodare in silenzio sulla Croce! Fu fatto fuori. Ma non è mai stato così dentro la storia e nelle nostre piccole e grandi croci quotidiane, come dall’alto della Croce. Fu immobilizzato e fissato sulla Croce. Ma è proprio allora che ha iniziato a percorrere instancabilmente le strade degli uomini di tutti i tempi, da quelle più buie e disperate a quelle più luminose e pacificate. Fu arso dalla sete. Ma da allora placa ogni nostra sete, dandoci l’acqua che zampilla per la vita eterna.
Il suo Cuore fu trafitto da un colpo di lancia. Ma quella ferita è diventata sorgente inesauribile dalla quale scaturiscono fiumi di acqua viva per chiunque decida di attingervi. Fu crocefisso in mezzo a due malfattori, ma da allora ogni malfattore che ha il coraggio di riconoscerlo, può, incontrando il Suo sguardo, sentirsi dire: “Oggi sarai con me in Paradiso”. Fu abbandonato, sperimentando la più straziante solitudine interiore, ma da allora ogni nostra solitudine può essere trasfigurata e trasformata in comunione, se vissuta con Lui, per Lui e in Lui.
E infine gridò: “Padre, nelle tue mani, rimetto il mio Spirito”. Ultima, suprema parola che squarciò il silenzio. L’ultima Sua parola, la più solenne, è per il Padre suo! È la preghiera altissima che sigilla il più grande avvenimento della Storia di tutti i tempi, e conclude la vita del Figlio di Dio sulla terra. E poi muore. Sì muore! Ma da quella morte è scaturita la vita per ognuno di noi. Troviamo del tempo per fermarci, per allungare lo sguardo oltre quel velo squarciato e per squarciare pure le nostre resistenze e le nostre zavorre.
Lasciamoci condurre, in questi giorni, dalla passione di Gesù e arrivare pronti ad accogliere l’annuncio che “LUI” è vivo in mezzo a noi.