“FINCHÈ C’È UN GRIDO… LA SPERANZA HA LA SUA CASA!”

coraggio alzati
coraggio alzati

(XXX dom t.o. – Mc 10,46-52)

Siamo a Gerico, città posta nella valle del fiume Giordano, 10 km a nord del Mar Morto, città dal clima mite al di sotto del livello del mare, “città delle palme” (Dt 34,3); è considerata la prima città murata della storia (8000 a.C.), le sue mura crollarono in modo spettacolare davanti al popolo di Israele (Gios 6).

Una città ben conosciuta da Gesù! Nei pressi di Gerico fu battezzato… li visse i 40 giorni di tentazioni; qui è situata la strada che scende da Gerusalemme a Gerico (la strada del Buon Samaritano); qui Gesù s’incontra con il pubblicano Zaccheo e, prima di salire a Gerusalemme, compie il miracolo per il cieco Bartimeo, in un contesto significativo.

La guarigione di Bartimeo, il cieco di Gerico, segna un punto di arrivo e una nuova partenza, nel contesto del Vangelo di Marco. È l’ultimo miracolo di guarigione operato da Gesù (stando al racconto di Marco), a conclusione di una serie di insegnamenti morali, ed è il punto di partenza verso Gerusalemme, dove Egli vivrà gli avvenimenti della sua ultima settimana terrena. Ultimo e necessario è questo bellissimo racconto, così scarno e vivo, pieno di movimento, di grida, di strade e di luce. Un mendicante cieco, icona di ogni uomo, mendicante di luce e di strade, di orizzonti e di compassione.

Il cieco “sedeva lungo la strada a mendicare”… era immobile, mendicante, quindi dipendente dagli altri. All’avvicinarsi di Gesù, la sua vita cambia: gli grida per due volte la sua situazione implorando pietà. Si imbatte con il gruppo dei discepoli, che in un primo momento gli sono di intralcio e lo ostacolano, ma poi lo incoraggiano ad andare verso Gesù che lo sta chiamando. Alza la voce sul rumore della folla che lo ignora, che lo oltrepassa e va: solo e al buio grida la sua disperata speranza. Un grido che è fisico ma si direbbe viscerale, che sembra salire da ciò che ogni essere ha di più di profondo e di più carnale. Il grido è più che la parola: c’è dentro corpo, energia, dolore, bisogno. È il grido del bambino che nasce…del morente in croce che urla al cielo e alla terra il buio che ha nel cuore.

Finché c’è un grido, la speranza ha la sua casa. “Coraggio, alzati… ti chiama”…. E il cieco getta via il mantello (simbolo della sua sicurezza fino a quel momento), balza in piedi, parla con Gesù, riceve da Lui la fede e la vista, e prende a seguirlo “lungo la strada”. Il cammino che sale verso Gerusalemme è duro… duro soprattutto per Gesù in vista di quello che lì accadrà. E il discepolo? Il discepolo è li con Lui… lungo la strada. Ormai illuminato, sa che il Maestro lo precede e lo attira dietro a sé. E tutto accade perché nel buio… dalla folla… quel cieco ode tre parole: coraggio, alzati, ti chiama: ecco qui delineato quel triplice servizio a cui è chiamato il discepolo di Gesù.

Coraggio: incoraggiare innanzitutto… dare cuore e speranza…condividere la paura, e infondere coraggio a tutti quelli che gridano dolore. Alzati: rimettere in piedi… aiutare a ripartire, e mai gettare a terra nessuno, mai demolire nessuno. E io non so come farlo, non lo so davvero! Ma questo racconto mi aiuta… mi invita a confortare la vita… a rimetterla in piedi. Ti chiama: ha ascoltato il tuo grido e ora pronuncia il tuo nome!

Con una sola espressione Marco ci offre una delle sintesi più belle di cosa sia l’a-zione pastorale, non compito di esperti ma missione di ogni discepolo: coraggio, alzati, ti chiama. Ed ecco che si libera tutta una energia compressa, l’energia della vita, tutto sembra improvvisamente eccessivo, esagerato. Bartimeo non parla, grida; non si toglie il mantello: lo getta; non si alza in piedi, balza. La fede è moltiplicazione di vita… è un balzare in piedi sempre! La parola di Dio di questa domenica ci invita ancora una volta a varcare le porte in uscita per incontrare “Lui”, che solo può riempire e dare senso alla nostra vita… ed essere con “Lui” dispensatori di luce in un mondo che ancora barcolla nelle tenebre! Il Signore, oggi e sempre, ci chiede cosa vogliamo da lui. Potremmo chiedere mille cose: fortuna, denaro, affetto, carriera. Chiediamone una sola: la luce. Luce: che importa avere fortuna se non sappiamo riconoscere chi ce l’ha donata? Possiamo avere tutto il denaro di questo mondo… ma non servirà a colmare il cuore di una felicità vera!

Chiediamo Luce: quante volte l’affetto diventa oppressione e dolore… e ancora: che ci importa di diventare qualcuno se restiamo tenebra, buio?

Chiediamo luce… ed accadrà che il Signore illuminerà occhi e cuore per diventare, come Bartimeo, discepoli veri!

Don Mario Russo

E' il parroco della Comunità del Sacro Cuore ai Gerolomini a Pozzuoli.

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