“IL PROFUMO DELLE PECORE”

quarta domenica pasqua 2021
quarta domenica pasqua 2021

(IV domenica di Pasqua – Gv 10,11-18)

È la domenica del Buon Pastore. Il “discepolo che Gesù amava” non ha raccontato le grandi parabole dei sinottici, ma questa è la sua parabola… la parabola nascosta nel suo cuore, mentre come un agnellino se ne stava reclinato sul petto del buon Pastore nell’Ultima Cena.

Occorre leggere questo capitolo dall’inizio, perché la sostanza della parabola è contenuta nei primi sei versetti, e concentrata nei due simboli del v.2: “Chi entra dalla porta è pastore delle pecore”. C’è anzitutto il simbolo della porta: “Io sono la porta delle pecore, se uno entra attraverso di me sarà salvato; entrerà e uscirà e troverà pascolo”.

Gesù lo ribadisce due volte: è solo Lui la porta. Noi comprendiamo solo parzialmente il valore di questo simbolo, ma l’uomo della Bibbia vede subito un’unica porta, quella della città: soglia d’accesso e custodia difensiva.

Osserva G. Ravasi: “E’ il grembo che si chiude. Fuori c’è il male, l’oscurità, il deserto, i predoni… Tutta la vita economica, sociale, giuridica, pulsa lì, attorno alla porta. La porta perciò è il simbolo della città. Per questo le porte hanno un nome e sono importanti. Pensiamo alle porte di Gerusalemme. Gesù fa un’affermazione scandalosa, provocatoria: “Io sono la-porta-delle-pecore”. A Gerusalemme esiste effettivamente la porta delle pecore, ed era la porta più vicina al tempio.

E Gesù osa dire: quella porta che introduce al tempio ora l’avete davanti a voi, ed è una porta viva; una porta che introduce al mistero stesso di Dio. Cristo si presenta come il nuovo tempio, il tempio della sua carne”.(G. R., Lettura della Bibbia, 1987). C’è poi il secondo simbolo della parabola di Giovanni, quello del pastore. “C’è un pastore che esce dall’ovile con il suo gregge… D’improvviso si trovano in una zona tenebrosa, in una valle oscura, in cui ci sono dei pericoli: una gola che si restringe; i predoni, ecc. Eppure il gregge è sicuro, perché davanti cammina il pastore con il suo bastone.

Non ci saranno pericoli. Il pastore è assieme al suo gregge: è il suo tesoro, la sua vita; senza il gregge non potrebbe vivere. È per questo che da la vita. Ora, quando una pecora si allontana, il pastore lancia un nome, dato alla pecora come se fosse una persona. “Gesù ci conosce in pieno. Ci tiene nelle mani. Ha il nostro nome”(G. Ravasi). Detto questo, volgo un’attimo lo sguardo alla prima lettura: quanto è bello questo Pietro così audace, quando noi tutti ancora ce lo ricordiamo traditore, fifone che rinnega persino di averlo conosciuto Gesù! Pietro ha smesso di vergognarsi della propria sequela, non ha più paura di sostenere che è dei suoi.

Non solo non ha più paura, ma è abitato da una voglia matta di raccontarlo in lungo e in largo, a Gerusalemme e in ogni angolo della Palestina! E questo sembra dirci: non nasconderti! Non nasconderti tra i banchi di scuola, dai prof. o dai tuoi compagni; sii cristiano felice di esserlo. Non nasconderti nello spogliatoio dai tuoi compagni, non nascondere la tua fede con i tuoi amici, non nasconderti nella pausa caffè con i colleghi di lavoro.

Non ci limitiamo ad essere cristiani in parrocchia o nel nostro movimento! questa domenica ci consegna davvero dei testi straordinari… Quasi un invito a dire “FERMATI!!!”… leggimi ancora… medita… prega! Che tristezza quando nelle nostre chiese le liturgie incontrano la fretta di chi vuole arrivare alla fine e basta! No, gustiamo, cantiamo, preghiamo. Ritorno al vangelo e noto che del pastore si dice una caratteristica bellissima: la voce.

Il pastore condivideva tutta la vita con le pecore che non hanno una vista da aquile, ma sono dotate di un buon udito! Ci basta una voce per farci vivere, non credete? La voce delle persone che amiamo e che ci amano non la confondiamo con le altre… e quando quella voce non la senti più… ti manca tremendamente! Siamo vivi quando ci sentiamo chiamati per nome. Qual è la differenza tra il pastore e i ladri e i briganti di cui parla il vangelo?

Molto semplice: il primo conduce le pecore fuori dal recinto, gli altri le fanno star dentro. È curiosa questa cosa: che i ladri e i briganti non rubino le pecore, ma le facciano stare nei recinti. Ecco la differenza di quella voce: la Pasqua è il tempo in cui bisogna uscire dai recinti! Gesù ci racconta di un Dio che non vuole tenerci buoni buoni nei recinti. No… spinge le pecore fuori! La vita non è fatta di steccati, di paure e di catene.

No! Siamo invitati ad uscire tutti fuori! Fuori da ogni recinto… Chiedo a ciascuno: Sei felice? Sei nella gioia? … pensaci! Se non senti la felicità dentro, se non ti senti abitato dalla gioia ( e nessuno lo è mai in pienezza)… allora significa che devi guardare da quale recinto sei trattenuto! Cosa ti impedisce di vivere nella gioia? Quali recinti ci legano? Gesù chiama le pecore per nome e le pecore riconoscono la sua voce, perché è una voce che centra il bersaglio… parla direttamente al cuore; è una voce che salva, che consola, che scuote, che dona energia, che perdona… ma è anche una voce che inquieta, che sconcerta.

È la voce dell’amico. È la voce del Risorto che chiama per nome Maria mentre sta piangendo davanti al sepolcro; è la voce che chiama Tommaso perché non sia più incredulo ma credente; è la voce che chiede a Pietro, “Simone di Giovanni, mi ami tu?”. “il Signore è il mio pastore”… ma realmente è così? il Signore chiede di non seguire i falsi profeti, di saper distinguere le voci di chi la felicità la svende.

Concludo: Per un attimo mi fermo a pensare a quell’ultimo atto compiuto sul corpo ormai esanime del Maestro crocifisso… il colpo di lancia… quel costato ormai aperto che sembra dirci “questa è la porta dell’ovile”… una porta sempre aperta, mai chiusa! Tutti siamo pecora e pastore! Conduco con l’esempio del mio vivere… o preferisco essere condotto? Ognuno, lo ripeto, è pecora e pastore! Perché…“Il Signore è mio pastore”… Lui solo!!!

Chiediamo ogni giorno al Signore che accresca la nostra fede…non importa di quanto…ma chiediamogli di donarci almeno un pizzico, perché ci sia un po’ d’olio ad illuminare la mia lampada. Chiediamogli la fede dei discepoli, che con pochi pani che avevano, credettero sulla sua parola di poter sfamare tanta gente.

Chiediamogli la fede dei servi, che a Cana attinsero acqua e diedero vino da bere. È all’ultimo istante, che il pane si moltiplica e l’acqua cambia in vino… all’ultimo istante, proprio quando non sai che fare e stai per soccombere… all’ultimo istante Dio ti stupisce.

“Signore donami almeno un pizzico di fede, perché la mia lampada non si spenga”. Camminiamo insieme… dove Lui vorrà condurci! E nel cammino verso l’ovile voltiamoci sempre a vedere le pecore in difficoltà… e se necessario, carichiamoci qualcuna sulle nostre spalle.

Quando saremo alla presenza di Dio, il Signore ci chiederà: “Fammi sentire il tuo profumo!”. Speriamo di profumare di quelle pecore che abbiamo portato in braccio…e non solo di incenso!

 

Don Mario Russo

E' il parroco della Comunità del Sacro Cuore ai Gerolomini a Pozzuoli.

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