LA FAMIGLIA… SOGNO DI DIO!
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Festa della Santa Famiglia 2018 – Lc 2, 41-52
Nazareth ci insegna che Dio viene ad abitare in casa… vive la quotidianità di una famiglia come tante… e tuttavia dona a ciascuno l’icona di un luogo sacro nel quale fare un’esperienza mistica… crescere nella conoscenza di Dio. Oggi la liturgia ci insegna che è in famiglia che si impara a pregare e a percepire il senso di Dio. È la famiglia “la prima scuola di preghiera”, e ripercorrendo proprio gli anni dell’infanzia e della giovinezza di Gesù insieme con Maria e Giuseppe, possiamo “riscoprire la bellezza di pregare insieme” in casa. Maestri del Maestro, Maria e Giuseppe sono stati maestri di preghiera del Figlio di Dio. Un mistero, questo, reso ancor più nascosto dalla scarsità di informazioni ricavabili dal Vangelo. La famiglia è Chiesa domestica e deve essere la prima scuola di preghiera. Nella famiglia i bambini, fin dalla più tenera età, possono imparare a percepire il senso di Dio, grazie all’insegnamento e all’esempio dei genitori: vivere in un’atmosfera segnata dalla presenza di Dio. Se non si impara a pregare in famiglia, sarà poi difficile riuscire a colmare questo vuoto! Un vuoto certamente sconosciuto agli abitanti della casa di Nazareth dove ogni parola, gesto, azione rivelava una “singolare intimità” con Dio. La contemplazione di Cristo ha in Maria il suo modello insuperabile. Alla contemplazione di Gesù nessuno si è dedicato con altrettanta assiduità di Maria. Di Giuseppe, poi, il Vangelo non ha conservato molte parole, ma la Chiesa conserva di lui l’immagine e la sostanza di una persona “fedele, operosa, giusta”. È certamente lui che ha educato Gesù alla preghiera, insieme con Maria, sia portandolo con sé in sinagoga al sabato o alle “grandi feste del popolo d’Israele”, sia praticandola nei normali ritmi familiari: Giuseppe, secondo la tradizione ebraica, avrà guidato la preghiera domestica sia nella quotidianità (al mattino, alla sera, ai pasti), sia nelle principali ricorrenze religiose. Così, nel ritmo delle giornate trascorse a Nazareth, tra la semplice casa e la bottega del suo papà, Gesù ha imparato ad alternare preghiera e lavoro, e ad offrire a Dio anche la fatica per guadagnare il pane necessario alla famiglia. Il Vangelo di oggi ci riferisce di quando dodicenne, Gesù scende con i suoi a Gerusalemme per la sua Bar Miztvah (figlio della Legge), il rito che segnava l’ingresso ufficiale di un adolescente nella comunità adulta. Si perde Gesù… e viene ritrovato dopo tre giorni dai genitori nel tempio di Gerusalemme, intento a occuparsi, come dirà loro, delle “cose del Padre mio”. È esattamente su questa parola, “Padre”, pronunciata “con la consapevolezza del Figlio”, che vedo “la chiave di accesso al mistero della preghiera cristiana”: Gesù ci insegna come essere figli, proprio nell’essere col Padre nella preghiera. Gesù insegnerà un giorno ai suoi discepoli a pregare, dicendo loro: quando pregate dite “Padre”. E, naturalmente, non ditelo solo con una parola, ditelo con la vostra esistenza, imparate sempre più a dire con la vostra esistenza: “Padre”; e così sarete veri figli nel Figlio, veri cristiani. La Famiglia di Nazareth è il primo modello della Chiesa in cui, intorno alla presenza di Gesù e grazie alla sua mediazione ci si sente veramente figli di Dio. Un auspicio anche per le famiglie di oggi, purché siano capaci di riscoprire il primo valore necessario alla preghiera. Che il sorriso di Dio, abiti sempre nelle nostre famiglie e le aiuti a somigliare un po’ alla Santa Famiglia di Nazareth. Concludo: oggi l’icona della Santa famiglia ricorda ai genitori cristiani che essi sono chiamati per missione propria, loro affidata, a preoccuparsi dei figli non solo sul piano economico, sociale e culturale, ma soprattutto sul piano della fede. Il dono più grande che i genitori possano fare ai loro figli è la comunicazione dei primi germi della fede. È comunque vera una cosa: nel contesto della vita familiare si gioca il futuro della fede di tanti giovani. Una famiglia che prega insieme sarà una famiglia unita. Non sono gli interessi economici né quelli culturali o ideologici a mantenere la famiglia nell’unità di amore, bensì la forza che viene da Dio e che si ottiene con la preghiera.