“LA VITA CI POTA SPESSO…”
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(V domenica di Pasqua – Gv 15,1-8)
A Mosè che gli chiedeva quale fosse il suo nome, Dio rispose: “IO SONO” – Jahvè! (Es 3,14)… ma non diede una definizione di Sé; disse: Io sono quel che mi vedrete fare per voi: vi libererò dall’Egitto.
Israele ha riconosciuto così il suo Dio dai fatti, dai gesti di salvezza compiuti per lui. Quando venne Gesù anche lui disse: IO SONO, traducendo poi in gesti precisi e significativi le varie immagini di questo Dio che si china a interessarsi degli uomini. Io sono la luce, io sono la via, io sono la verità, io sono la vita, io sono l’acqua, io sono il pane vivo… domenica scorsa “io sono il buon pastore”… ed oggi: “Io sono la vite vera”.
Gli israeliti conoscevano molto bene il significato simbolico della vigna. Nell’A.T. è Israele la vigna di Dio… e Dio il contadino che se ne prende cura (Sal 80,9-12). Nel Cantico dei Cantici la sposa invita lo sposo nelle vigna: la vigna, allora, è il luogo dell’amore, dell’estasi, della gioia sessuale.
Nell’A.T. il vino dev’essere dato a chi sta per morire e a chi ha la tristezza nel cuore (Pr 31,4). A Cana viene a mancare il vino… e quando manca il vino la festa sembra finire. Maria interviene e Gesù ci pensa… e la festa e le danze possono ricominciare perché il vino c’è ancora. Una volta non c’erano molti piaceri accessibili alla maggior parte della gente. Per far festa la gente comune, quando poteva, aveva il vino.
Vino = festa, gioia. Dire “vino, vigna” era dire “festa, piacere, felicità, ebbrezza, intensità”. Il vino era il sapore e il gusto della vita. Allora: quando Gesù dice: “Io sono la vite vera” (Gv 15,1) dice: “Io sono il sapore della vita, il gusto della vita, io sono l’ebbrezza della vita, io sono l’elisir della vita, io sono il piacere della vita”.
Affinché la vite porti frutto occorre, però, potarla: il tralcio, accorciato nel punto giusto, concentra lì tutta la sua linfa… le sue energie concentrate nel futuro grappolo d’uva. Il tralcio non capisce cosa sta succedendo, mentre la lama lo taglia, facendolo soffrire.
Le potature! La vita ci pota spesso… talvolta in abbondanza: delusioni, dolori improvvisi, mancanza di persone care, fatiche, malattie, periodi “giù”; è piuttosto inevitabile e lo sappiamo anche se ci ribelliamo, ci intristiamo, fuggiamo il dolore e la correzione. Come viviamo le potature della vita? Il Signore oggi ci invita a viverle nel positivo, come occasione, come possibilità.
Certo… lo scrivo e ne sono perplesso: quanto amor proprio devo mettere da parte, quanta pazienza esercitare, quanto equilibrio mettere in atto per non scoraggiarmi e deprimermi, per non lamentarmi e prendermela con Dio! L’accettazione serena (mai rassegnata!) delle contraddizioni della vita concentra la linfa vitale in luoghi e situazioni inattesi e con risultati – credetemi – davvero sorprendenti!
Le potature… La linfa che alimenta la nostra vita è la presenza di Gesù che abbiamo scelto come pastore. Nient’altro ci può dare forza, serenità, luce, gioia e pace nel cuore. Solo restando ancorati a lui possiamo portare frutti, crescere… e finalmente fiorire! Senza di lui, niente!!! Abbiamo bisogno urgente di orientare con forza e gioia, continuamente, la nostra strada verso le tracce del Vangelo.
Gesù ci chiede di dimorare, di rimanere, di stare… non come frequentatori casuali, ma come assidui frequentatori della sua Parola… ci chiede di dimorare in lui. “Dimora”, ci dice… non andare ad abitare altrove, resta qui accanto a me! “Dimora”: nel più profondo del tuo cuore lascia che il silenzio ti faccia raggiungere dall’immensa tenerezza di Dio. “Senza di me non potete fare nulla”, dice ancora Gesù.
Cerchi la gioia? Cercala in Dio, vivila in lui, stagli unito, incollato, come il tralcio alla vite. La linfa vitale proviene da lui… e da lui solo e da questa unione scaturisce l’amore. I discepoli di Gesù non hanno il futuro assicurato, né la loro vita è esente da fragilità e peccato, né vengono risparmiati dalle prove che la vita (Non Dio!) ci presenta. I discepoli del Signore hanno capito che la vita è fatta per imparare ad amare e prendono lui, Gesù, come modello e fonte dell’amore… e dimorano!
E alla fine… porteremo frutto… il nostro frutto… ci pensate? Anche oggi… Gesù ribalta la nostra (brutta) visione di Dio: Dio non è un paranoico invidioso della nostra libertà, che vuole onore e rispetto o un solitario e nevrotico dittatore divino. Dio vuole che cresciamo, che fioriamo, che portiamo frutti… frutti d’amore che maturiamo diventando discepoli. La linfa dell’amore sgorga potente nel cuore di Barnaba (I lettura), il figlio della consolazione.
Figura di spicco della primitiva comunità, manifesta l’amore andando a soccorrere il neoconvertito Saulo. Tutti lo temono, non si fidano dell’ex-persecutore convertito. A Damasco Paolo, ha conosciuto il Signore, ma la comunità dei discepoli lo evita. Barnaba lo prende sotto le sue ali… sarà lui a diventare il volto dell’amore di Dio, per Saulo.
A noi, discepoli del risorto… potati dalla vita… se dimoriamo nel Signore, sarà dato di portare, in questa settimana, frutti di consolazione e di benedizione per quanti incontreremo. E non avremo paura delle potature… Dio attende da noi succosi grappoli d’uva.