“MA CHI SONO IO PER GIUDICARE L’ALTRO?”
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(VIII dom. t.o. – Lc 6, 39-45)
“Perché guardi la pagliuzza?”… “non giudicate per non essere giudicati; perché con il giudizio con il quale giudicate sarete giudicati” (Mt 7, 1-2).
Insomma… a più riprese il maestro ci ricorda di non ergerci a giudici ma essere immagine della sua misericordia. Tuttavia… orecchio da mercante un po’ tutti, è quello che più ci piace fare e che ci riesce meglio. Ci sono alcuni, poi, che coltivano così amorevolmente questa passione, trovando modalità e occasioni in abbondanza per esercitarla, sottoponendosi talvolta ad un logorante “orario continuato”.
Fioriscono ovunque “tribunali ambulanti e permanenti”, talvolta di veri e propri collegi giudicanti, con tanto di camera di consiglio e verdetti finali. La pagliuzza e la trave… ecco il titolo che potremo dare a questa pagina evangelica.
Contrasto forte per discepoli che si sentono talmente santi, da vedere il male dappertutto tranne che nelle loro vite. Torna alla mente l’episodio dell’adultera, colta sul fatto e trascinata davanti a Gesù col proposito di lapidarla, e salvata da lui con la celebre frase: “Chi di voi è senza peccato, scagli per primo la pietra”.
Quanta maldicenza, quante calunnie, quante vendette verrebbero meno, se ci ricordassimo della pagliuzza e della trave… dei sassi che lanciamo! Quanto spesso siamo inclini a rilevare anche il più piccolo difetto altrui, senza riconoscere che noi non siamo migliori, anzi talora siamo ben peggiori.
E quand’anche parliamo con retta intenzione, rilevando i difetti altrui al fine di correggerli, stiamo bene attenti: non pretendiamo di guidare gli altri, se non siamo sicuri di parlare in conformità con quanto insegna il Maestro; altrimenti, dice il brano odierno, saremmo come un cieco che guida un altro cieco, e tutti e due cadono nel fosso. Stiamo bene attenti, anche perché le nostre parole rivelano chi siamo: come non possono venire uva o fichi da un cespuglio spinoso, così non può venire il bene da chi non lo ha nel cuore: “l’uomo buono dal buon tesoro del suo cuore trae fuori il bene; l’uomo cattivo dal suo cattivo tesoro trae fuori il male: la sua bocca infatti esprime ciò che dal cuore sovrabbonda”.
Spesso… molto spesso, il maestro ci chiede di non avere questa presunzione di santità già acquisita… ma farci piuttosto tuffi a più riprese nel mare “poco frequentato” dell’umiltà. Siamo tutti in cammino! Ed eccolo, Gesù, che ora ci invita “a gettare per primi la pietra”.
E ancora… non sentirsi migliori come il fariseo del tempio, che ringraziava Dio di non essere come il pubblicano, che stando giù… in fondo, aveva solo la forza di dire: “abbi pietà di me che sono un peccatore”. Concentriamoci sulle nostre travi… i nostri fantasmi chiusi nell’armadio delle coscienze… e forse… solo allora, ci sentiremo così sporchi da vergognarci per le pagliuzze dell’altro! Voglio farmi santo… e penso anche voi lo vogliate!
Ma attenti ad autoproclamarci santi… si sa mai qualcuno ci conosca bene, e facciamo una brutta figura!!!
Diciamoci peccatori come il pubblicano del tempio… e son certo che stiamo sulla strada giusta per togliere, passo dopo passo, le travi dalla nostra coscienza e ridare un po’ di luce… aria nuova al nostro cammino!