Ogni obbedienza a Dio porta con se un prezzo da pagare
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(XXXII DOMENICA t.o. – Lc 20, 27-38)
La scorsa settimana abbiamo incontrato un uomo piccolo di statura, antipatico a tutti, capo dei pubblicani venduto all’autorità romana e ricco. In mezzo alla folla che attorniava il Signore Gesù il vangelo ci racconta però che fu proprio lui ad incontrare il Maestro.
Con la sua voglia di vederlo, con il coraggio di andare oltre la folla e salire sul sicomoro e con la gioia, poi, di riconoscerlo come il vero nuovo tesoro della sua vita. Da lui si fermò Gesù! A casa del capo dei pubblicani entrò la salvezza! Il vangelo di oggi inizia così: “Si avvicinarono a Gesù alcuni sadducei”… solo dal nome, danno l’dea di saperne un bel po’ su Dio e la religione. Amano discutere i sadducei… sono molto simili a noi e alla nostra società dove impazza la voglia di discussioni. Si discute continuamente nelle piazze televisive, sui blog dell’uno e dell’altro, con 1, 10, 100 nickname e poi: twitter, youtube e facebook…
Si discute animatamente nei consigli di istituto, nelle assemblee degli studenti e nei cortei di protesta… e come non ricordare le amatissime riunioni condominiali, dove talvolta ci scappa anche il morto!!! Ed ecco la liturgia di questa domenica, si caratterizza subito per quell’affermazione di Paolo ai Tessalonicesi: “Non di tutti infatti è la fede”. Fede… è attorno a questa parola che possiamo leggere tutte le letture di oggi.
Quella relazione con Dio che stiamo cercando di approfondire da qualche domenica a questa parte è proprio la fede, che oggi ci permette di stare in contatto con tre aspetti fondamentali della nostra vita: il coraggio, l’obbedienza, l’apertura. Fede e coraggio: bella la prima lettura dove ci viene ricordato che la fede ci dona una forza ed un coraggio inaspettati. È il coraggio della resistenza… resisti al tiranno, resisti a chi vuole dirigere la tua vita, resisti a chi vuole scegliere ciò che ritiene giusto per te e vuole importelo. La fede ti dirige verso l’essenziale: “Chi ha Dio ha tutto!”. La vicenda della madre e dei suoi sette figli in fondo ci dice proprio questo (I lettura). Troviamo qui il coraggio di tante persone normali, padri e madri di famiglia, preti, vescovi che hanno scelto senza compromessi il vangelo di Gesù.
Penso a don Puglisi che al suo assassino disse: “l’avevo messo in conto!”… Penso a tanti missionari che per la causa del vangelo sono stati perseguitati, derisi, uccisi! Fede e obbedienza: nelle parole della madre e dei suoi figli scorgo questo legame fortissimo… una obbedienza a Dio tanto forte da affrontare il martirio.
E capisco che ogni obbedienza a Dio porta con se un prezzo da pagare perché ti chiede di mettere in discussione la tua vita, i tuoi affetti, il tuo lavoro, i tuoi beni, la tua umiltà. Rileggendo la vicenda di Zaccheo della scorsa domenica, allora, possiamo anche dire… per obbedire è necessario “scendere”, scendere dai nostri progetti, scendere dall’immagine che abbiamo di noi stessi, scendere dalle nostre convinzioni, scendere dalle nostre idee per fare spazio a Dio. E qui nasce un po’ l’ultimo passaggio della riflessione di quest’oggi: fede e apertura, perché sento i sadducei come persone che non sanno “scendere” e quindi persone chiuse nei loro convincimenti, nelle loro idee. I sadducei costituiscono un gruppo giudaico il cui nome deriva da Sadoq, sommo sacerdote al tempo di Salomone.
I sadducei non credevano nella risurrezione, anche perché questa sarebbe stata un giudizio della loro vita terrena che non brillava certo di esemplarità. Ammettevano unicamente la Legge scritta e riconoscevano solo i primi cinque libri della Bibbia, il Pentateuco. Dal popolo erano temuti perché potenti, ma non amati perché isolati e indifferenti ai problemi della gente semplice… incapaci di vivere per qualcuno.
Questo della chiusura in un: “Come siamo bravi… come noi non c’è nessuno… noi si che sappiamo come fare…” è un rischio che le nostre comunità possono correre. Concludo ritornando alla domanda dei sadducei a Gesù, perché un po’ sono le domande che albergano nel nostro cuore! Rispondendo il maestro va al cuore del mistero: “il nostro non è il Dio dei morti ma dei vivi!”. Ancora una volta la questione eventualmente da discutere è proprio questa: ma in quale Dio crediamo? Il Signore è il Dio di Abramo, Dio di Isacco e Dio di Giacobbe. Dio non è dei morti, ma dei viventi, perché tutti vivono per lui. Questi ripetuti “di”… di Abramo di Isacco… ci ricordano che il nostro Dio è un Dio personale, non siamo una accozzaglia… un’ ammasso di gente davanti a Lui! Noi siamo amati personalmente ed unicamente da Dio.
Il nome di Dio si mischia con la nostra storia personale. La Risurrezione, allora, non riguarda solo il nostro futuro, ma il nostro presente. La risurrezione è iniziata! Non perdiamoci allora nelle continue ed eterne discussioni, ma viviamo da risorti… già ora. Cristo risorto è con noi, chi sarà allora contro di noi?