OTTO GIORNI DOPO!

tommaso
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 (II dom di Pasqua)

Il timore dei giudei era forte… la paura dominava nel cenacolo al buio… paura di fare la stessa fine del maestro… ma soprattutto paura di se stessi, di come lo avevano abbandonato, tradito, rin¬negato così in fretta.

Quella sera le porte erano chiuse… “Venne Gesù, stette in mezzo a loro…” e salutò nel modo più familiare e ordinario, dando tuttavia un senso nuovo a quella parola “Shalom” (pace). Il Cristo che appare nel buio del cenacolo quella sera… è il Gesù crocifisso. Le sue mani e il costato lo dimostrano.

Mostra loro le mani e il costato… e i discepoli provano gioia al vederlo! Quel saluto di pace “che rinnova la scena”, suonerà per loro come un invito ad andare: “Come il Padre ha inviato me… così io invio voi”. Una nuova creazione viene affrescata nel racconto di Giovanni.

Gesù alitò… soffiò su di loro… e quello Spirito divenne per loro forza che spinse ad uscire… e andare! Soffiò e disse loro: ricevete lo Spirito Santo. E fu così che su quel pugno di creature, chiuse e impaurite, scese il vento delle origini, il vento che soffiava sugli abissi, che scuote le porte chiuse!

Ma Tommaso la sera di quel primo giorno non c’era, annota Giovanni. Giunge in ritardo e… nonostante l’entusiasmo dei suoi che raccontano quanto era successo… esprime la sua esigenza di vedere e toccare i luoghi della sofferenza.

“Venne Gesù… otto giorni dopo…” e stavolta è tutto per lui! Mi conforta pensare che, se anche trova chiuso, non se ne va’ il maestro. Otto giorni dopo è ancora lì: l’abbandonato ritorna da quelli che sanno solo abbandonare. Lo scenario è simile a quello di otto giorni prima: anche adesso la porta è chiusa e anche adesso il saluto di pace accoglie lo stupore. Le parole del risorto, non sono di condanna per Tommaso che non ha creduto alla parola dei suoi fratelli… ma accompagna il suo desiderio di compiere lo stesso cammino degli altri.

“Tommaso, metti qua il tuo dito nel foro dei chiodi, stendi la mano, tocca!”. Le ferite del Risorto, diventano per lui feritoie d’amore. E scopro ancora e sempre che Gesù non si scandalizza dei miei dubbi, ma mi tende le sue mani. A Tommaso basta questo gesto.

Non è scritto che abbia toccato. E sarà così che proprio da lui e non dagli altri, sgorgherà la prima e più bella professione di fede “mio Signore e mio Dio”. Gesù accoglie il dubbio e il coraggio di Tommaso. Il coraggio di non accontentarsi e di mettersi in ricerca… in attesa!

Quante volte abbiamo usato l’esempio di Tommaso per indicare qualcuno che testardamente si rifiuta di credere a meno che non abbia prove inconfutabili e concrete? Se Tommaso non avesse rivendicato il proprio diritto a vedere il suo Signore risorto, forse oggi avremmo avuto dei buchi nella fede, perché sarebbe mancata la narrazione della cura che il Signore ha per quanti e quante intendono preconfezionate le risposte ai propri dubbi e cercano… e attendono!

L’incontro con Tommaso permette di domandarsi cosa vuol dire vedere il Cristo! Cosa vuol dire credere!!! È il Risorto stesso che accompagna alla ricerca delle risposte. “Vedere” il Cristo è riconoscerlo nella sua Parola. La fede non viene da ciò che si vede, ma da ciò che si ascolta, come ricorda Paolo in Romani 10,17; la fede nasce dalla Parola.

Dopo la parola che Gesù rivolge a Tommaso, questi non ha più bisogno di toccare: ha davvero incontrato il Risorto e può chiamarlo “mio Signore”… e non solo dei suoi fratelli. Confessare che Cristo è il “mio” Signore e Salvatore, passa attraverso l’incontro personale con lui, attraverso la sua parola.

Concludo… e ritorno a Tommaso e alla sua gelida risposta al racconto entusiasta dei suoi. Non crede ai suoi amici… non crede perché quel giorno son fuggiti.. e lui con loro: fuggiti tutti senza pudore! Non crede, Tommaso, alla Chiesa fatta da insopportabili uomini fragili che, spesso, nemmeno sanno riconoscere la propria fragilità. Non crede ma resta, e fa bene. Non fugge la compagnia della Chiesa, non si sente migliore. Rassegnato, masticato dal dolore… segnato dal sogno infranto… ancora resta.

E fa bene! Torna Gesù, apposta per lui… per me… per noi! Ogni domenica, entro nel cenacolo… con tutte le mie paure… con la mia notte; e attendo che Lui venga, come allora, a tirarmi fuori… a soffiarmi dentro e restituirmi la gioia che viene dal suo saluto “Shalom”… questo accade ogni domenica!!! Che ci crediamo o no… la domenica è il giorno del suo venire e stare in mezzo. Se non ci trova… aspetterà… e poi ritornerà sette giorni dopo… come per Tommaso!

 

Don Mario Russo

E' il parroco della Comunità del Sacro Cuore ai Gerolomini a Pozzuoli.

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