“PRESO UN BAMBINO… LO ABBRACCIÒ”
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venticinquesima domenica tempo ordinario
(XXV dom t.o. – Sap 2,12.17-20; Giac 3,16-4,3; Mc 9,30-37)
“Per via avevano discusso chi fosse il più grande”. Inizia così il vangelo di oggi, presentandoci un atteggiamento diffuso fra credenti e non, di ieri e di oggi. Chi è il più bravo, il più capace, il migliore tra noi? A questo protagonismo che è il principio di distruzione di ogni comunità, Gesù contrappone il suo mondo nuovo. Farsi ultimi: “Se uno vuole essere il primo, sia l’ultimo, il servo di tutti”.
Essere i primi… i migliori, è talvolta il voler essere a tutti i costi ciò che è l’altro… facendo circolare tante maschere e pochi volti! Quando poi non giungi al tuo scopo… ecco l’invidia: piaga putrida e purulenta che alberga nel cuore di tanti uomini.
Su Wikipedia ho trovato una bella definizione dell’invidia: L’invidia è un sentimento nei confronti di un’altra persona o gruppo di persone che possiedono qualcosa (concretamente o metaforicamente) che l’invidioso non possiede (o che gli manca).
E ancora: L’invidia può provocare uno stato di profonda prostrazione: in taluni casi, l’invidioso può assumere comportamenti molto aggressivi e il tentativo di sminuire l’invidiato può raggiungere toni esasperati, arrivando anche al pubblico disprezzo e alla pubblica derisione, come a dire: “io sto male per colpa tua, perché tu metti in luce la mia inferiorità; allora devo assolutamente evidenziare le tue mancanze, i tuoi difetti, facendoti sentire ridicolo: farò in modo che anche tu soffra”.
Nella religione cattolica, l’invidia è uno dei sette vizi capitali. L’iconografia tradizionale la presenta nell’immagine di una donna vecchia, misera, zoppa e gobba, intenta a strapparsi dei serpenti dai capelli per gettarli contro gli altri.
La liturgia di questa Domenica ci consente di fare una riflessione su questo problema, sempre presente nella Chiesa. Nella prima lettura abbiamo ascoltato: “Tendiamo insidie al giusto… mettiamolo alla prova con insulti e tormenti… condanniamolo a una morte infame”. Il motivo? É il fatto stesso che egli è giusto: con la sua vita “ci è di imbarazzo”, “é contrario alle nostre azioni”. Nella seconda lettura, tanto per rimanere in tema, abbiamo sentito: “Invidiate e non riuscite a ottenere, combattete e fate guerra!”. Anche nel Vangelo ritorna lo stesso argomento: “Per via avevano discusso tra loro chi fosse il più grande”.
Anche loro si erano posti gli uni contro gli altri per lo stesso problema. Certamente Gesù aveva elargito alcuni privilegi ad alcuni: solo ai Dodici aveva concesso una vicinanza speciale e, tra questi, solo a tre aveva permesso (pochi versetti prima, in questo capitolo 9 di Marco) di salire sul Tabor con lui.
Subito nascono i confronti e la rivalità: “Tu sì e io no?”. Paolo, nella lettera ai Romani al cap. 12 “Non aspirate a cose troppo alte… piegatevi a quelle più umili. Non fatevi una idea troppo alta di voi stessi”. Dunque: cosa possiamo fare? É sempre la Parola di Dio, dopo averci illustrato il problema, ad indicarci anche la via d’uscita. Mi pare che le letture ci suggeriscano oggi tre rimedi efficaci contro l’invidia: considerarne l’inutilità; esercitarsi a gioire per i doni altrui; sforzarsi di essere piccoli. Diceva il fondatore dei Missionari della Consolata: “A che scopo invidiare? Tanto chi ha, ha! Chiediamo al Signore che dia anche a noi, piuttosto, ma invidiare è inutile!” (Beato Giuseppe Allamano, omelia del 25.04.1915). L’invidia, come dichiara un vecchio detto (“essere rosi dall’invidia”) fa anche male alla salute!!!
Nella Bibbia ci sono degli esempi splendidi di esercizi contro l’invidia: esercizi che consistono nello sforzo di gioire per i doni altrui. Mosè, a chi gli riferiva circa la presenza di gente “non autorizzata” che profetava nell’accampamento, risponde rallegrandosi: “Sei tu geloso per me? Fossero tutti profeti in Israele e volesse il Signore dare loro il suo Spirito!” (Nm 11, 29-30). Paolo, a chi gli faceva presente che c’era gente, in giro, che pensava di essergli superiore e predicava per invidia e spirito di contesa, risponde “Che importa? Purché in ogni maniera Cristo venga annunziato, io me ne rallegro e continuo a rallegrarmene” (Fil 1, 18-19). Infine… l’ultima indicazione ci viene dal vangelo: “Sforziamoci di essere piccoli” Il più grande non è chi si serve dell’altro, ma chi lo serve; chi saluta anche quelli che non lo salutano. E poi, servo “di tutti”, senza limiti di gruppo, di etnia, senza esclusioni, senza preferire i miei amici ai lontani, i poveri buoni ai poveri cattivi. “
Se non diventerete come bambini”, ci dice Gesù… Mi commuove la tenerezza di Dio: il bambino è sua immagine… non l’uomo adulto… forte e potente, ma proprio il bambino. Don Bruno Forte amava ripetere che “il TUTTO (Dio) si abbrevia nel frammento, anche Lui vive solo se è amato”. L’immagine ultima del vangelo di oggi è Gesù abbracciato ad un bambino. In tutta la sua vita si è “affannato” ad annunciare che Dio è solamente buono, padre che scorge il figlio da lontano e gli si butta al collo, pastore in cerca della pecora perduta, che trova e se la pone sulle spalle. Facciamoci bambini… Preghiamo perché la nostra vita e la vita della Chiesa siano purificate da questo brutto vizio, che si chiama invidia.