“QUEL CIELO SQUARCIATO SUL GIORDANO!”

battesimo
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 (Solennità del Battesimo di Gesù – Mc 1,7-11) 

“Se tu squarciassi i cieli e scendessi!” (Is. 63,19).

Siamo partiti così all’inizio dell’Avvento… con il grido del popolo di Israele, ormai sfiduciato, perchè sperimenta la lontananza di Dio dalla sua storia; un popolo che ha perso ogni prospettiva ed ogni speranza, che guarda verso il cielo e lo trova chiuso.

Oggi quel grido è ascoltato: Gesù uscendo dall’acqua vide lo squarciarsi dei cieli! E non è una semplice apertura, come quelli che dalle nuvole lasciano trasparire un raggio di luce. Uno squarcio è una lacerazione non senza dolore, non senza passione, proprio come la squarcio del cuore di Cristo sulla croce. Quello squarcio è una prova di amore… i cieli pieni dell’amore di Dio per l’uomo non sono più capaci di contenerlo e si squarciano!

Chiudiamo stamane il tempo natalizio; lo chiudiamo grati al Signore per averci donato dei giorni in cui tutto l’universo si è chinato su quella grotta e la Creazione ha cantato a squarciagola la gloria di Dio. Mi auguro che anche per noi il ritorno sia come quello compiuto dai Magi… per un’altra strada, e come quello dei pastori… con un cuore alleggerito dalla consapevolezza della compagnia di Dio. Giovanni, vestito di pelli di animale, i fianchi cinti da un pezzo di corda, immerge nel Giordano quanti vengono da lui. E mentre il battista continua la sua missione, guardando i volti, al di sopra del mormorio della gente che prega, piange o chiede perdono lo vede.

Si lo vede… è in fila come tutti, la tunica arrotolata ai fianchi… li in fila aspetta di essere battezzato. Lo vede e lo riconosce con lo sguardo del cuore. Giovanni si ferma per un istante: non può essere! Impossibile: tutta la sua vita si è consumata ad aspettare quell’incontro, a desiderarlo, a immaginare il volto di Colui a cui preparava la strada. Ora egli è lì: non per insegnare, non per benedire, non per manifestare la sua vera natura, ma per farsi battezzare, come ogni fragile figlio di Adamo.

Gesù si mette in fila per il battesimo: Lui che non ne ha bisogno, il cui cuore non è oscurato dalla tenebra… è lì… per condividere il bisogno intimo dell’uomo di liberazione e di pace. E sarà proprio questa sua vicinanza all’uomo, la nota dominante di tutta la sua vita pubblica. L’evangelista Luca aggiunge una coloritura particolare a questa pagina: dopo il Battesimo Gesù prega e, nella preghiera, fa esperienza di essere abitato dallo Spirito Santo… e tutti sentono la voce del Padre: Tu sei il mio figlio bene-amato, in te mi sono compiaciuto (come preferisco tradurre).

Nella preghiera, esperienza intima di Dio, noi scopriamo di essere amati bene. Nella preghiera, sussurro di Dio, scopriamo che Dio è proprio contento di noi. Sin da piccoli siamo educati a essere buoni alunni, buoni figli, buoni fidanzati, buoni sposi, buoni genitori, buoni parroci! E sì… perché il mondo premia le persone capaci, che riescono, e in noi si è insinuata l’idea che anche Dio ci ami, certo, ma a certe condizioni.

Così facendo, abbiamo fatto della nostra vita l’elemosina di un apprezzamento, di un riconoscimento. Gesù inizia la sua vita pubblica smentendo clamorosamente quest’idea: Dio mi ama non perché lo merito. Quella voce che dichiara: “In te ho posto il mio compia­cimento”,  annuncia una di­chiarazione d’amore gioioso verso ciascuno: «mio com­piacimento» significa: tu mi piaci! Prima che tu faccia qualsiasi cosa, come sei, per quello che sei, tu mi dai gioia! La voce ripete ad ognuno: io ti amo… mi ama e basta! Dio mi ama gratuitamente poiché egli è la sorgente stessa dell’amore.

Dio si compiace di me perché vede il capolavoro che sono, l’opera d’arte che posso diventare, la dignità di cui egli mi ha rivestito! Allora, ma solo allora, potrò guardare al percorso da fare per diventare opera d’arte, alle fatiche che mi frenano, alle fragilità che devo superare, ai legami malsani da allentare e sciogliere! Il cristianesimo è tutto qui. Dio mi ama per ciò che sono, Dio mi svela in profondità ciò che sono: bene-amato.

È difficile amare “bene”. Ho incontrato nel mio ministero tanti genitori che generano e coltivano nei figli giganteschi sensi di colpa e pensano di amarli! Ho incontrato sposi che hanno inteso l’amore come un legame soffocante che ha impedito all’altro di sbocciare! E poi… quanti rapporti con Dio e tra cristiani si sviluppano in un clima malsano, che vincola invece di liberare, che uccide invece di far crescere, che mortifica invece di vivificare… che esclude invece di accogliere! Dio, al contrario, mi ama “bene”… ecco la lezione di oggi!!! Essere come  Dio, che mi “ama bene”… senza ricatti, senza suscitare sensi di colpa, desiderando davvero il mio bene e lavorando per ottenerlo.

Concludo allora… ed ho capito che: passare facendo del bene è il senso del nostro pellegrinaggio sulla terra. Passare fra le cose e le persone senza prende­re… solamente amando… donando, perdonando, ac­cendendo, accogliendo… aprendo spazi di cielo sereno.

Come quel cielo squarciato, quel giorno, sul Giordano!

 

 

Don Mario Russo

E' il parroco della Comunità del Sacro Cuore ai Gerolomini a Pozzuoli.

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