“Scocca l’ora del Tabor…”
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II DOMENICA DI QUARESIMA (Mt 17, 1-9)
In questo tempo di Quaresima, siamo invitati a visitare luoghi, come se ci fosse – e c’è – una geografia dello spirito. Domenica scorsa abbiamo visitato – e ovviamente non dev’essere una visita episodica, ma riguarda tutta la nostra vita – quel luogo che si chiama deserto e oggi siamo chiamati a visitare un altro luogo dello Spirito che si chiama Tabor. Ognuno di noi deve poter riconoscere nei luoghi conosciuti, dove ha vissuto delle esperienze, dov’è cresciuto, dov’è stato provato, tentato, questo luogo: il Tabor.
Qual è il mio, il vostro Tabor? E cosa avviene su questo monte? Cosa avviene nella nostra vita quando scocca l’ora del Tabor? Avete ascoltato nel Vangelo che appare Gesù in tutta la sua bellezza. Questo luogo è legato ad un verbo: trasfigurare. Gesù, quello consueto, quello di tutti i giorni, il Gesù feriale che spero accompagni le nostre vite, appare nuovo, inedito, risorto, glorioso, bellissimo, vestito di oro e di gemme. C’è un termine che ricorre nel Vangelo della Trasfigurazione ed è “luce”.
È bello leggere questa pagina pensando alle nostre giornate piovose, quando d’improvviso ecco squarciarsi il cielo e ci sentiamo svegliati dalla “bellezza del sole”. Questa luce dice di Dio, dice della luce vera sul volto di Gesù quel giorno, dice anche della tua vita che sembra non esser bella, ma può diventarlo. Non è possibile che una persona, un luogo, un evento sia in sé brutto. Una persona può diventare bella, e diventa bella, all’atto in cui un altro se ne innamora.
È così anche nella nostra esperienza, cioè le persone che noi riteniamo non particolarmente belle, per non dire brutte, il giorno in cui qualcuno le guarda con intensità, con affetto, con predilezione, cioè se ne innamora, e il giorno in cui loro si innamorano di un altro o di un’altra, diventano istantaneamente belle. Allora comprendete che non esiste una bellezza o una bruttezza oggettiva, cioè “questa persona è brutta e non c’è niente da fare”. Allora anche per i discepoli, la Trasfigurazione è un’esperienza di amore che cambia rendendo belli! È bello scoprire che la Trasfigurazione rende bella ogni cosa e questo è il primo messaggio di oggi. C’è un termine su cui i padri greci concordavano, prima della prima scissione della Chiesa (siamo nel primo millennio), è un termine molto caro alla loro teologia e, oggi, a quella della chiesa orientale: divinizzazione. Se c’è una parola che possa riassumere il messaggio di questa festa e del Vangelo appena proclamato è, appunto, “divinizzazione”, cioè essere assunti sul piano del divino, essere divinizzati. Cerchiamo, brevemente, di percorrere insieme queste tappe del Vangelo che sono una catechesi sul cammino di divinizzazione. Dice il testo della Trasfigurazione nei tre sinottici, nei tre vangeli paralleli, che Gesù portò con sé Pietro, Giacomo e Giovanni su un monte.
Nella geografia della Palestina, questo non è neanche una collina, è un fatto simbolico: l’uomo è chiamato a salire sul monte, cioè ad auto-trascendersi, a superare se stesso, la sua statura; siamo tutti piccoli ma, salendo sul monte, diventiamo grandi. Da sempre l’uomo ha sentito, anche in ogni orizzonte religioso, l’esigenza di salire sul monte per avvicinarsi a Dio: nell’aria tersa del silenzio di quest’oasi, creata da Gesù per i discepoli, avviene l’evento della Trasfigurazione, cioè di una trasformazione, non tanto della persona di Gesù, quanto degli occhi dei discepoli.
Le due versioni, le due possibili letture di questo evento sono: 1) è avvenuta una reale trasformazione nella persona di Gesù; 2) gli occhi dei discepoli sono stati educati, aperti ad una visione più profonda: quella che i discepoli hanno davanti è la stessa realtà ma, come sapete, una realtà cambia a partire dall’angolazione. In fondo, la visione del mondo, dell’uomo e della nostra vita, parte dall’angolazione da cui la guardiamo. Quindi, se vedi tutto scuro, tutto negativo, tutto marcio, è a causa della tua angolazione; se vedi tutto bello, tutto fiorito, tutto in fase di primavera, dipende dagli occhiali che hai indossato. Gli occhiali dicono molto di noi e, purtroppo, a seconda dei casi – ma può essere anche una grazia – trasformano la realtà. Quindi, siamo invitati, alla luce della Parola di oggi, a trasfigurare la nostra realtà: tutto dipende da quello che vedi, ma quello che vedi è quello che vuoi vedere, e quello che vuoi vedere dipende dall’angolazione con cui ti poni nel guardare il mondo.
Se ci fate caso, questa piccola verità, questo concetto così semplice, è prologo di una trasformazione della nostra vita; guardare il mondo con gli occhi di Cristo, guardare il mondo dal versante dell’eternità, guardare il mondo, le cose e la vita, dal versante della spiritualità, da un quadro totalmente diverso: quella che vediamo è la stessa realtà, ma un fotografo realizza una foto artistica, a differenza di un principiante che semplicemente riproduce la realtà. A volte, ci chiediamo com’è che ci possa essere una fotografia artistica. C’è e dipende molto dall’apertura dell’obiettivo e da tutte le cose che conoscete, ma soprattutto dall’angolazione e dalla possibilità di percepire la luce in una maniera o in un’altra. A volte penso alla trasfigurazione come alla luce al tramonto (al Tabor ci son stato anche al tramontar del sole)… è una luce calda, nel senso dei colori, non dà fastidio, anzi, accarezza le cose.
La luce della Trasfigurazione è così: è una luce calda, è una luce oltre l’invisibile, è una luce dentro le pietre, una luce dentro gli eventi, una luce dentro i dolori, una luce dentro i fallimenti, una luce laddove non ci aspetteremmo di trovarla, nel fango. C’è luce anche nel fango? Sì, se hai occhi per vedere la luce. E, allora, ci auguriamo tutti, vicendevolmente, d’avere occhi luminosi e illuminanti, occhi che vedono oltre il visibile: il visibile lo vediamo tutti, ma bisogna cogliere l’invisibile, che è sotto la scorza, sotto pelle, oltre l’evidenza, oltre l’accaduto, oltre l’evento, che è dentro la formula chimica dell’acqua (H2O non dice niente, ma “chiare, fresche e dolci acque” diceva il poeta…). Chiediamo a Gesù la grazia di intravedere.
Questa è la trasfigurazione: non è ancora una visione piena – quella l’avremo alla fine della nostra vita – ma adesso possiamo intravedere.