“Uno solo torna a ringraziare!”
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(XXVIII dom.t.o. – Lc 17, 11-19)
Domenica scorsa, lo ricorderete, ci siamo lasciati trascinare da quella intercessione sincera e vera: “Signore accresci la nostra fede!”
. Quella stessa Parola, la ritroviamo nella liturgia di questa domenica: “la tua fede ti ha salvato!”
Accade che… mentre entrava in un villaggio che si trovava tra la Samaria e la Galilea, Gesù si imbatte in un gruppo di dieci lebbrosi, nove giudei e un samaritano.
Questi lebbrosi avevano in comune non solo la malattia, ma anche l’emarginazione di una società che li aveva privati di ogni diritto civile e religioso e li aveva relegati in un ghetto, lontano dalla società (Lev. 13, 45-46).
Non potevano essere avvicinati per evitare il contagio della lebbra né potevano essi stessi avvicinarsi agli altri. Infatti, il testo riferisce che i lebbrosi si fermano lontano da Gesù e gridano: “Gesù, Maestro, abbi pietà di noi!”
Direi proprio che questi dieci iniziano col piede giusto… per un incontro vero.
Questi esclusi, lontani e isolati da tutto e da tutti, si avvicinano a Lui. Lo fanno perché sanno che questo rabbì non li allontanerà… ne si allontanerà da loro.
Ricordiamocelo… Gesù è sistematicamente in cattiva compagnia (prostitute, lebbrosi, malati, pubblicani), gente respinta di solito dalla società. Ebbene… questi lebbrosi, dice il vangelo, furono purificati.
Ma c’è uno… uno solo che torna da Gesù. E torna per ringraziarlo.
Ed è qui che si compie un passo ulteriore nella storia di questo lebbroso: non è più solamente guarito, ma: “la tua fede ti ha salvato!”. Salvato… perché quest’uomo ha dato qualcosa di più: la gratitudine!
Non basta solo guarire fisicamente… è necessario anche guarire interiormente.
L’epilogo tuttavia, ha dell’amaro… la tristezza del Signore che si domanda: “non eravate in dieci? E gli altri nove?”. La gratitudine… è questa che salva! Lo sappiamo bene… è un fiore rarissimo: tutti sanno domandare, supplicare… ma ringraziare!!!
Pensate un po’: anche nel libro dei salmi (la preghiera per eccellenza), i salmi di domanda/richiesta sono 50, mentre solo 10 sono quelli di ringraziamento!
Difficile gestione quella della gratitudine, per chi la dà e per chi la riceve.
Si… perché come dice uno scrittore francese, succede spesso che gli uomini ringraziano, solo per avere ulteriori e maggiori benefici.
Altro risvolto della medaglia: chi aspetta i ringraziamenti, è per ricevere maggior gloria da chi vede o ascolta! Dunque… anche in questo, il vangelo di oggi ci insegna che il ringraziamento avviene fra due… e senza presenza di terzi… perché il primo sia grato per i benefici ricevuti… e il secondo per la gioia di aver saputo donare.
Tutto resti nel segreto dei due, dunque! Il Vangelo è pieno di guariti, un lungo corteo gioioso che accompagna l’annuncio. Eppure quanti di questi guariti sono anche salvati? Nove dei lebbrosi guariti non tornano: si smarriscono nel turbine della loro felicità, dentro la salute, la famiglia, gli abbracci ritrovati.
E Dio prova gioia per la loro… gioia come all’inizio aveva provato dolore per il loro dolore.
Guariti dalla lebbra, nove uomini rimangono tuttavia affetti dal cancro dell’ingratitudine! Questa è la malattia di quegli uomini!
La malattia dell’ingratitudine è come la lebbra: divora le relazioni, noi stessi, fino a raggiungere il nostro cuore e sgretolarlo!
Pensiamo in famiglia a quanti “grazie” omessi verso un padre e una madre; e quanti “grazie” omessi verso un figlio… o quando le relazioni si fermano al “tutto è dovuto...” (dovuta è la camicia stirata, dovuta è la cena pronta, dovuto è il denaro, …).
Logora, la lebbra dell’ingratitudine!
Logora non solo le nostre famiglie, ma le nostre comunità parrocchiali, i nostri uffici, la nostra società, le nostre scuole. Fermiamoci a pensare un attimino: potremmo mai vivere la fiducia e la fede, senza gratitudine?
Non sarà questa la grande malattia che dobbiamo combattere?
Sarebbe bello se da domani iniziassimo la nostra giornata tornando a Dio con il cuore… non recitando preghiere… ma donandogli una cosa… una parola: “grazie”.
E fare lo stesso con quelli di casa… farlo in silenzio e con un sorriso.